Sono legittime e non giustificano il licenziamento le mail contro il datore di lavoro se il dipendente non usa termini offensivi.
A stabilirlo è stata la Corte di Cassazione – Sezione Lavoro - con ordinanza n. 11645 del 14 maggio 2018.
I giudici della Suprema Corte, infatti, hanno rigettato il ricorso proposto da una grande compagnia telefonica contro la sentenza della Corte d’Appello di Roma che aveva annullato il licenziamento nei confronti di una dipendente che aveva inviato alcuni messaggi di posta elettronica ai propri superiori, ritenuti offensivi e denigratori della società datrice di lavoro.
Sia per la Corte territoriale che per la Cassazione, invece, la lavoratrice aveva esercitato un legittimo diritto di critica, non usando frasi offensive o, comunque, inappropriate, limitandosi a fare delle rimostranze relative alla propria posizione lavorativa e che le modalità utilizzate erano coerenti con la posizione di tensione individuale scaturente anche da precedente contenzioso con la società in esito al quale era stata emessa sentenza del Tribunale di Roma di accertamento del diritto della dipendente ad essere inquadrata con effetto retroattivo in un livello superiore.
Inevitabile la condanna del datore di lavoro alle spese di lite, quantificate in euro 5.000,00 oltre accessori, come per legge.