(Cons. St., sez. IV, sent. n. 1991/10, Pres. f.f. Lodi, Est. De Felice)
La ricorrenza di una condotta mobbizzante va esclusa quando la valutazione dell’insieme delle circostanze addotte e accertate nella loro materialità, pur se idonea a palesare elementi e episodi di conflitto sul luogo di lavoro, non consenta di individuare il carattere untariamente persecutorio e discriminante nei confronti del singolo. In merito alla richiesta di risarcimento dei danni derivanti da illecito demansionamento e mobbing, così come da trasferimenti ritenuti illegittimi o da illegittimi dinieghi di trasferimento, il dipendente deve dimostrare, pena il rigetto della domanda risarcitoria, l’intento persecutorio dell’ente, che non è evincibile dalla asserita illegittimità di provvedimenti amministrativi non impugnati tempestivamente.