L’Abilitazione Scientifica Nazionale (ASN) per l’accesso nei ruoli universitari, disciplinata dalla legge 30 dicembre 2010, n. 240 (sulla quale pende un recente disegno di legge di modifica), continua, ormai da anni, a tenere banco nelle aule della Giustizia Amministrativa (Tar e Consiglio di Stato).
Al riguardo, riteniamo che una recente sentenza del Tar del Lazio (n.10467/2025) meriti di essere portata all’attenzione dei nostri lettori interessati allo specifico argomento.
Materia del contendere - tra un candidato al conseguimento della idoneità all'abilitazione alle funzioni di professore universitario di II fascia e il Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR) - il giudizio di non idoneità nei confronti dello stesso candidato espresso a maggioranza (3 commissari su 5) dalla commissione esaminatrice di nomina ministeriale.
Nell’atto introduttivo del giudizio, il ricorrente, nel chiedere l’annullamento del predetto giudizio negativo, eccepiva, tra l’altro, che “sussisterebbe una totale genericità, indeterminatezza e irrazionalità delle poche censure mosse al candidato; gli unici giudizi negativi si appuntano alle pubblicazioni [...] e sarebbero del tutto generici, indicando in modo avulso dal contesto e senza alcuna motivazione sempre tre indicazioni vaghe (oltre che errate) e cioè che gli scritti presentati sarebbero descrittivi, esegetici e/o privi di spunti di originalità; tale tipo di giudizio [...] viene sempre espresso dopo una disamina priva di critiche al lavoro scientifico e senza che ad esso segua una motivazione, seppur minima, della censura fatta”.
Di diverso avviso il MUR che, costituitosi in giudizio, eccepiva, tra l’altro, che “la lettura dei giudizi predisposti dai commissari consentirebbe di evincere chiaramente come la valutazione negativa sia dipesa da una produzione scientifica considerata scarsamente originale e innovativa, di qualità insufficiente ai fini del conseguimento dell’abilitazione per la II fascia di docenza”.
Per i giudici del Tar del Lazio, “la motivazione testuale risultante dagli atti depositati (sia pure alla luce delle difese articolate dell’Amministrazione), non consente di evincere per quale ragione si sia ritenuto che i contributi offerti fossero privi di originalità, rigore metodologico ed innovatività; anzi, l’esito di non abilitazione scaturisce da principi non ricondotti organicamente ad una critica esplicita di quei contenuti che si assumono inadeguati ed insufficienti (così che viene meno la dimensione pubblica di trasparenza del percorso motivazionale, non essendo dati i contenuti specialistici che si assumono insufficienti, ma essendo noto solamente quest’ultimo esito), così che la motivazione collegiale ed i singoli giudizi che essa si sforza di riassumere, non rendono comprensibile sulla base di quale presupposto di fatto sia stato formulato il giudizio di valore [...]”.
In conclusione, ricorso accolto, “con conseguente annullamento del provvedimento impugnato, in relazione alla parte oggetto di censura, e riesame della domanda di abilitazione da parte di una commissione in diversa composizione […] con la prescrizione che i (nuovi) Commissari - ferme le valutazioni già svolte per i titoli dei quali sia stata già positivamente riconosciuta la rilevanza - dovranno rivalutare esclusivamente le pubblicazioni presentate, tenuto conto dei suindicati rilievi del Collegio”.
Rocco Tritto
giornalista pubblicista