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Giovedì, 25 Apr 2024

“Il governo andrà avanti finché c'è la maggioranza”, così ha dichiarato il premier Gentiloni, intervistato da Pippo Baudo durante una recente puntata della trasmissione Domenica In, una dead line che sembrerebbe confermata dall'esito della convention renziana, tenutasi al Lingotto.

Sempre che il segretario uscente all'improvviso non twitti un nuovo #Paolostaisereno, per evitare la manovra di bilancio chiestaci dall'Ue e così andare alle elezioni anticipate.

Sia come sia, quella domenica, sembrava di esser tornati agli anni '80: stessa trasmissione, stesso intervistatore, stessa atmosfera felpata, stesse promesse e, perfino, stessa sagoma del premier, anche se, al posto di Giulio Andreotti, c'era Paolo Gentiloni.

Si potrebbe dire una situazione emblematica di un paese fermo.

Oggi come allora, un premier, un governo e un Parlamento nelle mani dei capi del partito di maggioranza relativo.

E sì perché, il “rottamatore”, che si era affermato promettendo un radicale cambiamento del paese, una modernizzazione, ha fatto solo “riforme” che, alla prova dei fatti, si sono rivelate una débâcle economica e sociale, non hanno fatto altro che peggiorare la vita degli italiani e il deficit di bilancio.

Si pensi, ad esempio, alla Buona scuola che ha prodotto, finora solo disservizi, e al Job Act che, oltre a non far aumentare l'occupazione, è costato 19 miliardi ai contribuenti.

Si pensava, andato via lui e, detto no grazie all'appoggio di Verdini, qualcosa si muoverà, invece nulla.

In Parlamento, giacciono una miriade di proposte di legge necessarie, quelle sì, per rendere il nostro paese più moderno, europeo, ma nulla accade.

Qualcuno dirà: è tutto fermo a causa delle beghe interne al Pd, tutta colpa degli scissionisti!

Sara così? O piuttosto, qualcuno vuole indurci a pensare che senza il grande conducator nulla può cambiare? Senza la sua guida “illuminata” è impossibile fare riforme? Chissà.

Fatto sta che passano gli anni e nulla cambia e ne abbiamo una riprova nei fatti eclatanti che accadono quasi ogni giorno: dagli episodi corruttivi ai drammi umani, come quelli del giovane Giò o quello di Dj Fabo; dai femminicidi ai ragazzi che si suicidano perché non hanno un lavoro che gli consenta di essere autosufficienti.

Il paradosso è che in tutto questo tempo, che avrebbe dovuto comportare un cambiamento epocale, anche quando si è fatta l'unica legge, quella delle unioni civili, che tiene conto dei mutamenti sociali e culturali del paese, si sono fatte le cose a metà. Perché non si è avuto il coraggio di consentire i matrimoni tra persone dello stesso sesso? Perché, sempre per le unioni tra persone dello stesso sesso, non si è prevista la stepchild adoption, costringendo così i tribunali a decidere caso per caso? Un altro fardello su una giustizia sempre più in affanno.

Se rivoluzione ci fosse stata, oggi avremmo una serie di “leggi di civiltà”, quanto mai necessarie. Avremmo una legge sul testamento biologico, per consentire a chiunque di decidere della propria vita.

È vero, dopo la drammatica vicenda di Dj Fabo, lunedì 13 marzo si è aperta alla Camera la discussione ma erano presenti solo 22 deputati, gli emendamenti sono almeno 750 e si rischia, ancora una volta, un compromesso al ribasso, lasciando la decisione al medico curante di turno e chissà che non gli diano, anche in questo caso, la possibilità di esercitare l'obiezione di coscienza.

L'abolizione della assurda legge Fini-Giovanardi sulle droghe che, ad oggi, ha prodotto solo 10 mila pregiudicati in più ogni anno. Giovani vite fermate, tribunali e carceri pieni e trafficanti sempre più ricchi (ogni anno solo dalle droghe leggere ricavano 8-9miliardi). Denaro che, se si approvasse una diversa legislazione, come si è fatto in Spagna o negli Usa, potrebbe finire nelle casse dello Stato. Senza contare che, se vi fosse un controllo pubblico sulle sostanze, si eviterebbero pericolosi cocktail, e quelli sì possono portare alla dipendenza. E dire che, in Parlamento giace una proposta di legge sottoscritta da ben 220 deputati.

Se fossimo un paese memore della propria storia di emigrati nel mondo, si sarebbe rivista la legislazione sui migranti, anche per contrastare meglio il traffico di esseri umani, e, soprattutto, si sarebbe approvata la legge sullo jus soli (ancora ferma al Senato, bloccata da 7.000 emendamenti della Lega). Avremmo così riconosciuto lo status di cittadino a tutti quei bambini e giovani, nati nel nostro paese, seppur da genitori immigrati.

E le leggi per istituire il reato di tortura e non avere più vittime come Federico Aldovrandi, Stefano Cucchi, Giuseppe Uva o caserme Bolzaneto? Quando si porrà fine al calvario di tante famiglie, costrette ad affrontare lunghi, costosi e dolorosi processi per difendere la memoria dei propri cari?

Così pure, cosa si aspetta a varare leggi contro l'omofobia, la xenofobia senza le quali vi è chi può continuare a fare le sue fortune politiche sobillando gli istinti peggiori degli italiani.

A quando, poi, una legge organica a difesa delle donne maltrattate?

Si dirà: questi non sono provvedimenti prioritari, ancora non siamo usciti del tutto dalla crisi economica. E allora perché, se la corruzione ogni anno ci fa perdere 60 miliardi, non si è provveduto a varare una legge per contrastarla più efficacemente? Perché non si è ancora fatta una vera riforma del processo penale? E a quando quella del processo civile, considerato che ogni anno i ritardi della giustizia ci costano qualche miliardo?

Che fine hanno fatto i buoni propositi contro la depenalizzazione del falso in bilancio? E la legge sulla concorrenza?

Potremmo continuare l'elenco, ma ci fermiamo qui.

Si vede che non siamo destinati a vivere in una democrazia moderna, che abbia tra i suoi valori fondanti la laicità, i diritti di tutte e tutti, l'uguaglianza, le pari opportunità, valori che sono rimasti solo sulla nostra inattuata Carta costituzionale.

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