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Giovedì, 18 Apr 2024

Urrà! Ci sono 200 milioni di euro per investire in spin-out e brevetti. Ma, andiamo con ordine. A dicembre 2016, la nostra Cassa Depositi e Prestiti (CDP) e il Fondo Europeo degli Investimenti (FEI) hanno annunciato il lancio della piattaforma ITAtech, ovvero un fondo di fondi, quindi un fondo di investimento che investe in altri fondi di venture capital (VC) destinati, poi, ad investire in start-up di università, IRCCS e centri di ricerca.

Non sono stati mai annunciati tanti soldi per una missione spesso non ritenuta strategica: 100 milioni li ha messi a disposizione CDP (sono i nostri risparmi postali) e altri 100 il FEI (sono i nostri contributi all’Europa, tasse). Insomma, sembra che sia stata annunciata la “moon shot” italiana, la “missione TT”, Tech Transfer. Vediamo se si decolla …

Passato un anno o quasi, i reattori non si sono proprio accesi, per ora ITAtech ha investito solo 30 milioni di euro (più eventuali 10, a seguito di tale primo investimento) in un fondo di VC dedicato a automazione e robotica, in partnership con cinque università (Politecnico di Torino, Scuola Superiore Sant’Anna e altre tre) e un centro di ricerca. Come norma, gli investimenti arriveranno in 3-4 anni agli spin-out e ai ricercatori con brevetti. Razzi quasi fermi, dunque.

Per il resto? E qui viene il bello della “missione TT” italiana. Come riportato da EconomyUp e da un editoriale di prima pagina del rinnovato Corriere Innovazione [1 - 2], ITAtech starebbe valutando di investire diversi milioni di euro in un fondo VC francese, Sofinnova Partners. Insomma, la chiamano ITAtech ma pare che i soldi andranno in mani straniere.

Sti francesi paiono bravi, innanzitutto a prendersi i soldi italiani e ad investirli Oltralpe. Un’altra creatura di CDP, infatti, è il Fondo “Italiano” d’Investimento (FII), partecipato da CDP al 43%. FII dovrebbe, visto il nome, sostenere l’asfittico mercato del VC italiano: nel primo semestre 2017, in Italia sono arrivati a start-up e spin-out 43 milioni di euro, in Francia nello stesso periodo, quasi mezzo miliardo.

Forse è meglio far decollare la “missione TT” dalla Costa Azzurra.

Torniamo agli astronauti sofinnoviani: nel 2012, si sono accaparrati 20 milioni di euro di FII, hanno dichiarato nei comunicati stampa che si sarebbero impegnati “a dedicare una significativa parte dei nuovi capitali raccolti a investimenti in start up italiane”. Ebbene, neanche un euro è servito per il carburante della “missione TT”.

FII, non contento, rinnova la fiducia agli astronauti tricolori (ma con il blue invece che il verde), l’investimento è del 2015. Questa volta, stesse promesse, e ben 6 dei 15 nuovi milioni che rientrano in Italia. Wow!

I francesi hanno, però, capito che pantalone non ha politica economica e strategia (vacatio politica e imminenti elezioni), è quindi una cuccagna! Allora, sotto con ITAtech; si candidano a prenderci altri milioni di euro. Ma qui la linea del Piave pare tenere: la stampa fa il suo dovere di cane da guardia e la vicenda finisce in Parlamento, dove nei giorni scorsi il ministro Padoan ha dovuto fornire chiarimenti nel corso di un question time che, però, non hanno aiutato a superare le preoccupazioni degli interroganti.

Da un altro articolo di stampa (Panorama del 31 ottobre scorso) è, poi, emerso che Sofinnova avrebbe una collaborazione in Italia con una charity che si occupa di malattie rare, la Fondazione Telethon (nel cui cda siede, fra gli altri, l’amministratore delegato di Cdp, Fabio Gallia).

L’ecosistema nazionale del VC necessita di competenze proprie, non possiamo demandare la gestione del Trasferimento Tecnologico ad altri paesi europei. Poco importa se ci rassicurano assumendo figuranti locali per avere manodopera a basso costo, se poi la governance e le decisioni vengono prese a Parigi, Berlino e Bruxelles.

Così abbiamo svenduto l’industria farmaceutica, e più di recente la grande distribuzione, il lusso, le telecomunicazioni e i media. E quando proviamo a prenderci dei cantieri francesi, veniamo derisi.

Premessa l’Europa e la concorrenza, ci sono settori strategici, come la ricerca scientifica, che fanno di un paese una nazione in grado di tenersi figli e talenti.

Ad oggi, la ricerca italiana è finanziata, poco e male, con i soldi pubblici degli italiani. Se disperdiamo le poche risorse che investiamo per andare a sostenere la ricerca altrui, è la fine di un settore strategico per il nostro paese, con la conseguenza che la fuga dei nostri cervelli sarà inarrestabile. E senza ritorno.

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