Chi pensava che nel mondo del diritto esistessero fattispecie più complesse da decifrare si è sbagliato di grosso: quella delle “attività esterne dei docenti dell’Università” - di cui Il Foglietto si è già occupato - le batte tutte, sicché a sbrogliare l’intricata matassa è dovuta intervenire direttamente e in prima persona la (oggi, ormai, ex) ministra Fedeli con il suo ultimo Atto di indirizzo.
Già l’incipit di questa parte del provvedimento chiarisce l’importanza, ma forse meglio sarebbe dire la ritenuta ineluttabilità dell’intervento avvenuto iussu principis, là dove si precisa che nella disciplina della materia regnano insieme (pensate un po’) “incertezza interpretativa” e “alto livello di difformità applicativa” (alto, come se la semplice difformità non bastasse da sola), circostanze che determinano inevitabilmente “molteplici criticità” sia ”in sede strettamente interpretativa delle fattispecie incompatibili stabilite dalla legge che in sede di redazione di atti normativi autonomi degli Atenei”. Come a dire che se della materia non si capisce niente a Roma (leggi Miur), non si vede perché le cose dovrebbero essere più chiare in periferia (leggi, singoli atenei) dove, un po’ per gerarchia delle fonti e un po’ per inveterata consuetudine, si lavora quasi sempre sul canovaccio degli atti elaborati o suggeriti dalla vituperata burocrazia della capitale.
Grazie alla spada della Fedeli (circolare Miur elaborata con l’Anac), che ha tagliato questo nodo gordiano, si è avuto notizia che è stata chiesta l’archiviazione (per mancanza di dolo) nei confronti di otto docenti a tempo pieno della Statale di Milano, accusati di falso in atto pubblico e truffa ai danni dello Stato, a causa di una serie di consulenze ritenute “incompatibili” con la loro posizione accademica alla stregua dell’originaria ipotesi accusatoria, costruita sulla base delle indagini (peraltro condotte a livello nazionale) della Guardia di Finanza, volte a verificare le violazioni dell’art.53 del dlgs. 165/2001, la norma che regola l’esclusività dei rapporti di lavoro sottoscritti con la P.A.. Parimenti cadute sono anche le accuse nei confronti delle partite Iva, riferite a 24 docenti bresciani, sicché ora rimarrebbero in piedi soltanto le eventuali verifiche della Corte dei conti.
Sta di fatto che, dopo il provvedimento della Fedeli, in molti casi “collaborazione scientifica e consulenza” sono diventate sovrapponibili, fin quasi a coincidere, e sono in definitiva da considerarsi legittime se rivestono carattere occasionale e vengono rese in qualità di esperti della materia (precisazione quasi risibile). Se poi, per fare la consulenza, si possiede una partita Iva, non c’è problema, nel senso che questa circostanza non diventa comunque presupposto di responsabilità. Che dire!?! Quanto meno, che la corporazione ringrazia.
Da anni, nella delicata materia, il legislatore si era sempre mosso all’insegna del “distingue frequenter”. Troppa fatica. Ora si è deciso che forse è meglio lasciar perdere, facendo sostanzialmente ricorso a quel che si appalesa come una soluzione onnicomprensiva, buona per tutti. Resta da vedere se il “lodo Fedeli” avrà vita lunga o se sarà destinato a soccombere per disparità di trattamento rispetto agli altri settori del pubblico impiego.