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Giovedì, 28 Set 2023

Da qualche anno, ben prima dei fatti di Ucraina, la Siria non occupa più le pagine dei nostri media se non per qualche notizia o scaramuccia considerata minore. Vista da qui la situazione sembrerebbe stabilizzata: già, ma quale situazione?

La cartina, tratta da Limes, sintetizza la situazione attuale e coincide in larga parte con una analoga mappa russa dello scorso ottobre (origine Ministero della Difesa).

Il nord-ovest del paese è parzialmente occupato dalla Turchia. Il nord-est è controllato dai curdi: si tratta di una amministrazione riconosciuta solo dagli US. A differenza dei russi, alleati militari della Siria, gli US sono intervenuti nel paese teoricamente per “combattere” Al Qaeda e l’ISIS (che avevano in parte contribuito ad armare con l’aiuto dei Sauditi) e per difendere il fianco sud-orientale della NATO (sic!) senza che nessuno abbia eccepito. Oggi gli US mantengono – senza averne diritto – alcune importanti postazioni (da una delle quali hanno ucciso, tra gli altri, il comandante iraniano Suleimani) e, soprattutto, la base di Al-Tanf, al confine con la Giordania. In questo modo buona parte del confine siriano con Iraq e Giordania è praticamente “sigillato” - illegalmente - dagli US. Lo stato islamico è stato ridimensionato ma non eliminato del tutto; dal canto suo, Israele ha ripreso da qualche settimana a bombardare i dintorni di Damasco (si veda la notizia tratta da Ansa, 7 marzo).

Nella situazione attuale, che vede la Russia militarmente impegnata in Ucraina, ci sono ragionevoli timori che qualche paese orientale, ovviamente appoggiato dagli US, possa tentare qualche colpo di mano.

Buona parte delle risorse della Siria (petrolio, gas, grano) si trovano nel Nord; il governo e la popolazione siriana non vi hanno accesso. Il solo modo per ricevere rifornimenti è – di fatto - quella via mare, dove ogni tanto qualche nave iraniana riesce ad arrivare; Iran, paese sciita. Ricordiamo che la Siria dal 2011 è sotto un vergognoso embargo da parte della Unione Europea, prorogato di recente fino all’1 giugno 2022, e da parte degli US, che nel 2020 hanno varato il cosiddetto “Caesar Act” sul modello dell’embargo cubano che colpisce, oltre i diretti destinatari, anche chi presta loro sostegno.

In questa situazione la qualità della vita dei siriani è ulteriormente peggiorata. Il cibo è disponibile ma a prezzi impossibili mentre l’elettricità viene erogata solo per quattro ore al giorno, in frazioni di un’ora. I giovani e coloro i quali hanno una capacità lavorativa da poter spendere cercano di andarsene, sulle orme di quanti li hanno preceduti anni fa, accolti in Europa e altrove con le difficoltà che conosciamo.

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Sono stato in Siria due volte, quasi trent’anni fa, poco dopo la prima guerra del golfo. Un paese allora in pieno sviluppo. Il paese del mondo dove mi sono sentito più sicuro in assoluto. Dove venivi accolto con amicizia e calore anche se eri di un paese della NATO, quella NATO che aveva bombardato il vicino Iraq cercando di far credere che stesse combattendo contro un dittatore e per la democrazia.

Sono stato anche a Palmira: in autobus con i locali, perfettamente libero di circolare. Quella Palmira in cui, nel 2016, il direttore d’orchestra russo Valery Gergiev diresse il concerto della liberazione dall’ISIS. Quello stesso Gergiev costretto ad andarsene dalle filarmoniche di Monaco di Baviera e Milano per non aver accettato di praticare “l’abiura” della sua amicizia con Putin e di non aver condannato la guerra.

Massimiliano Stucchi
Sismologo, già dirigente di ricerca e direttore della Sezione di Milano dell’INGV
Fondatore e curatore del blog terremotiegrandirischi.com
facebook.com/massimiliano.stucchi.585
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