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Sabato, 06 Lug 2024

di  Biancamaria Gentili

Qualche giorno prima di Natale, l’Istat ha reso disponibile la popolazione del 15° censimento per ciascuno degli 8.092 comuni italiani. La popolazione riferita alla data del censimento, il 9 ottobre 2011, ammonta a 59.433.744 unità.

La popolazione censita, pubblicata nel Supplemento ordinario n. 209 a Gazzetta Ufficiale n. 294 del 18 dicembre 2012, diviene riferimento legale per il Paese fino alla successiva rilevazione censuaria ed è perciò definita “popolazione legale”.

In pratica, per eventuali modifiche bisognerà attendere la prossima rilevazione censuaria.

Passate le festività natalizie, sono cominciate ad affiorare le prime contestazioni sui dati forniti dall’ente di via Balbo.

Ad aprire le ostilità è stato l’autorevole Corriere della Sera, con un  articolo del 4 gennaio dal titolo “Il giallo degli 800 mila stranieri spariti con il censimento”.

A distanza di qualche giorno, è stata la volta del Foglietto, con l’articolo “Scomparsi per l’Istat un milione di italiani. Si rischia il caos dei collegi elettorali”.

Il 19 gennaio è stata la volta del commissario straordinario del piccolo comune di Mascalucia, in provincia di Catania, a tuonare dalle colonne del quotidiano La Sicilia: “Ritengo assolutamente  doveroso che l’Istat provveda alla richiesta di revisione in autotutela sulla popolazione residente nel nostro Comune pubblicata sulla Gazzetta ufficiale n. 294 del 18 dicembre 2012”.

Per il commissario, a fronte di 30.081 residente risultanti all’anagrafe comunale, la macchina censuaria dell’Istat ne avrebbe captati 97 in meno, vale a dire 29.984.

Una differenza tutt’altro che trascurabile, in quanto, precisa La Sicilia, “un comune con meno di 30 mila abitanti non ha diritto a determinati vantaggi economici. Come quello di accedere ai finanziamenti europei per altri 10 anni”.

Ma ad alzare il tiro è stata due giorni fa l’edizione di Napoli del quotidiano La Repubblica, con  l’articolo “In città 100 mila residenti fantasma”.

Il capoluogo partenopeo, che dieci anni fa, al censimento del 2001, era riuscito, non senza polemiche, a superare sul filo di lana la fatidica asticella di un milione di residenti, che lo collocava nelle élite delle città metropolitane, con tutte le conseguenze benefiche del caso, questa volta si è fermato a 962.003.

“Il che vuol dire – scrive il Corriere – un parlamentare in meno da poter eleggere, meno trasferimenti da parte dello Stato. Basti pensare che l’ammontare del prestito del cosiddetto decreto salva-Comuni si calcola in base agli abitanti: essere scesi a 960 mila residenti è costato a Napoli circa 40 milioni”.

E’ per questo che a Palazzo San Giacomo, sede dell’amministrazione comunale, si fa difficoltà a mandare giù il responso dell’Istat e si punta il dito su un vero e proprio esercito di partenopei che sarebbero sfuggiti alla conta censuaria: addirittura 100 cittadini che risulterebbero regolarmente registrati all’anagrafe e che, se “recuperati” anche in parte, permetterebbero alla città di transitare dall’inferno al Paradiso.

Ma una eventuale correzione della popolazione legale, pubblicata in Gazzetta, appare molto problematico se non impossibile, visto che dieci anni fa toccò alla capitale ritrovarsi con circa 250 mila residenti in meno, che invece non avevano mai abbandonato la capitale. L’“ammanco” fu scoperto agevolmente dall’Usi-Ricerca, autore di un dettagliato studio sulla vicenda, che mandò su tutte le furie il management statistico dell’epoca.

Nonostante dopo qualche anno di verifiche e controverifiche i desaparecidos capitolini fossero stati tutti rintracciati, la popolazione legale, pubblicata ad aprile 2003, non venne mai modificata.

Accadrà la stessa cosa sotto l’ombra del Vesuvio?

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