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Sabato, 06 Lug 2024

di Ivan Duca

Al Cnr, a due anni dall’entrata in vigore dello statuto (1° maggio 2011) ed archiviate due presidenze (Maiani e Profumo), il gruppo di lavoro coordinato dal direttore generale Paolo Annunziato ha distribuito, dopo nove mesi di attività, una bozza del tanto atteso e sollecitato nuovo regolamento di organizzazione e funzionamento dell’ente, nonché una proposta di revisione del medesimo statuto. Per la bozza dei regolamenti di contabilità e del personale, invece, c’è da attendere chissà ancora quanto.

Ad un primo esame, il nuovo regolamento di organizzazione e funzionamento non sembra in grado di risolvere alcuno dei problemi organizzativi e burocratici che ingolfano il Cnr e, anzi, il modello organizzativo che lo stesso disegna appare ancora più verticistico di quello attualmente in vigore e privo di novità in grado di migliorare il funzionamento dell’ente.

In primo luogo, non appare risolto l’anomalo cumulo delle funzioni tra controllore e controllato esistente nell’amministrazione economica e contabile delle varie strutture. In effetti, ad oggi i segretari amministrativi, che certificano la regolarità contabile dell’operato del direttore di istituto, non sono altro che fiduciari nominati dal direttore stesso.

In secondo luogo, si evidenzia il quasi totale azzeramento del coinvolgimento del personale in qualsiasi processo decisionale dell’ente. Ed infatti non è previsto alcun confronto in sede di definizione scientifica delle attività; è eliminato il diritto d’opzione in caso di riorganizzazione e/o trasformazione e/o soppressione di strutture scientifiche; viene eliminata dai consigli d’istituto la presenza del rappresentante del personale tecnico e amministrativo; risulta svuotato di potere il consiglio di istituto, chiamato essenzialmente ad esprimere un parere non vincolante al direttore d’istituto sull’avanzamento delle attività.

A tutto ciò fa da contraltare un incremento di poteri ai direttori di istituto ed ai direttori di dipartimento.

Il nuovo regolamento di organizzazione e funzionamento sembra, inoltre, non prevedere alcun meccanismo sanzionatorio nei casi di inefficienza e di violazione delle norme regolamentari, fenomeni abbastanza diffusi nell’ente e spesso segnalati dal Foglietto. Tra i tanti episodi raccontati e documentati dal Foglietto, ci limitiamo in questa sede a richiamare il caso di un direttore di un istituto che ometta di informare il personale dell'istituto stesso sull'andamento generale delle attività, almeno annualmente, o non coinvolga, se non addirittura, non convochi il consiglio di istituto per tre anni. Tali comportamenti, come altri, sicuramente illegittimi ai sensi dell'attuale regolamento, non hanno determinato alcuna reazione da parte dei vertici del Cnr.

Passando alla dettagliata analisi delle proposte di revisione dello statuto, si evidenziano alcune novità introdotte nella composizione del consiglio di amministrazione, con la previsione che un membro su cinque sia “scelto dal ministro in una rosa di tre nomi individuata dai ricercatori del Cnr attraverso procedure di consultazione telematica”, mentre il presidente ed i rimanenti tre membri verrebbero nominati dal ministro tra una rosa di nominativi individuati dalla Conferenza dei rettori dell’università italiane, dall’Unione italiana delle camere di commercio e Confindustria, dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le provincie autonome.

Il meccanismo così delineato, lungi dal garantire la tanto auspicata partecipazione diretta del personale Cnr all’interno del consiglio di amministrazione, sembra essere invece il solito strapuntino riservato ai potenti sindacati che, a turno, non mancheranno di occuparlo per il tramite di soggetti alla cui elezione contribuiranno in maniera determinante.

La proposta di revisione dell’articolo 12 dello statuto stesso, relativo ad incompatibilità ed indennità di carica per i vertici dell’Ente, stravolge il previgente impianto normativo. In primo luogo, il vigente divieto di cumulo degli incarichi di presidente e direttore generale con qualsiasi carica di amministratore o dipendente di società viene ora limitato alle sole società che partecipino a programmi di ricerca ai quali è interessato il Cnr. Inoltre, la proposta di revisione consente ai membri del consiglio di amministrazione, del consiglio scientifico e del collegio dei revisori dei conti, di assumere incarichi in società per programmi di ricerca ai quali è interessato il Cnr.

Abolite, poi, le ulteriori incompatibilità con la carica di amministratore o dipendente di società, così come non è vietato l’esercizio di attività professionali, commerciali o industriali. Nessuna incompatibilità è prevista neanche per chi assume incarichi politici elettivi.

Per i direttori di dipartimento e di istituto, la carica sarà incompatibile con altri impieghi pubblici o privati, nonché con le funzioni di amministratore o sindaco di società che abbiano fini di lucro e con l’esercizio di attività commerciali e industriali, mentre non sembrerebbero incompatibili l’esercizio di attività professionali, così come gli incarichi politici elettivi.

Il nuovo Cnr voluto da Luigi Nicolais e Paolo Annunziato sembrerebbe scavare un solco ancora più profondo tra chi la ricerca la porta avanti e chi dovrebbe governarla.

Tuttavia, la mancata previsione di ogni e qualsiasi coinvolgimento del personale, che dovrebbe essere la risorsa più importante del Cnr, potrebbe definitivamente determinare il collasso dell’ente.

Quale può essere, dunque, il futuro di un ente che della scienza e delle idee fa il suo “core business” se non si stabilisce un rapporto di fiducia e di confronto con il patrimonio di menti che operano al suo interno?

Come si realizza la tanto auspicata ripresa economica del nostro paese attraverso la propulsione della ricerca pubblica se, prescindendo dalle più elementari regole per la creazione di un gruppo vincente, non si ascoltano le esigenze di chi la ricerca la produce?

Dovrà, purtroppo, attendere ancora chi sperava che con le nuove regole l’ente assumesse una organizzazione burocratica tanto più snella quanto  più efficiente.

Il Cnr, ancora una volta, sembra perdere l’opportunità di autoregolamentarsi facendo tesoro delle esperienze pregresse, sordo ai tanti consigli e ai tanti allarmi di quanti giornalmente mandano avanti l’ente: i dipendenti.

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