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Giovedì, 04 Lug 2024

altOra possiamo confessarlo. Al di là delle indubbie competenze professionali, ciò che colpì maggiormente Il Foglietto e Usi-Ricerca quando fu ufficializzata la candidatura di Giorgio Alleva alla presidenza dell’Istat è racchiuso nelle ultime due righe del documento programmatico, che lo stesso Alleva presentò in Parlamento al momento della sua audizione da parte delle competenti commissioni, che testualmente recitano: “Per l’esigenza di un contenimento delle retribuzioni della dirigenza pubblica, si sottolinea la disponibilità alla riduzione anche cospicua del compenso del Presidente”.

In un momento di grave crisi per il Paese, una simile apertura ci sembrò meritevole di apprezzamento e ci spinse anche a rispondere per le rime a un nutrito gruppo di intellettuali che aveva, in maniera non proprio elegante, contestato la proposta del governo di nominare lo stesso Alleva al vertice dell’ente di statistica.

A distanza di più di otto mesi dall’arrivo di Alleva in via Balbo, nei giorni scorsi abbiamo voluto verificare se la disponibilità dallo stesso manifestata si fosse in qualche modo concretizzata.

Grande è stata la sorpresa allorquando dalla pagina “trasparenza amministrativa” del sito web dell’ente statistico abbiamo appreso che l’indennità di carica annua erogata al prof. Alleva è di 240 mila euro, il massimo previsto dalla legislazione vigente.

Dunque, fino a oggi, il governo ha clamorosamente ignorato la disponibilità offerta dal n. 1 delle statistiche italiane. Ma, salvo prova contraria, non si è avuta neppure notizia che il presidente Alleva abbia sollecitato lo stesso governo a decurtargli in maniera “cospicua” il compenso.

Mai abbiamo dubitato della sua parola perché promissio boni viri est obligatio; viceversa, se finisse nel dimenticatoio, si tratterebbe di una promessa da marinaio, che non si confà a un personaggio della storia e del calibro di Alleva, che per i suoi meriti è giustamente asceso al soglio statistico. Un uomo aduso a maneggiar numeri, quindi certezze, nonché uomo delle istituzioni, che non può mancare alla parola data.

Ma anche se il governo dovesse persistere in questa comprensibile distrazione, ci resta l'incrollabile certezza che Alleva sarà capace finanche di un gesto plateale, simile a quello messo in atto da tempo dai deputati del M5S, autoriducendosi, sempre in maniera “cospicua”, l’indennità, versandone il 50% del corrispondente importo, ad esempio, ma solo a mo’ di esempio, sul capitolo di bilancio dell’ente per il salario accessorio dei dipendenti, operazione peraltro possibile ai sensi dall’art. 16, commi 4 e 5, del decreto legge 98 del 2011.

In un frangente come l'attuale, torna quanto mai opportuno ricordare il precetto evangelico che invita a dare a chi ne ha bisogno ciò che non ci è necessario per vivere (quod superest date pauperibus), sostanzialmente richiamato e condiviso anche da altre ideologie più recenti e opposte agli insegnamenti della Chiesa di Roma.

Senza pretendere scelte di vita che non possono essergli richieste, tipo madre Teresa di Calcutta, è certo che Alleva non potrà dimenticare i fulgidi esempi offerti da Papa Francesco.

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