Il 27 marzo scorso, dopo aver esposto le proprie argomentate ragioni, per ben tre volte la delegazione Usi aveva chiesto alla delegazione trattante dell’Istat se avesse capito.
Per ben tre volte era stato detto, senza esitazioni, di sì.
Ora, alla luce delle risposte fornite dall’amministrazione ad alcune domande poste da altri sindacati, possiamo affermare che la delegazione Istat non ha affatto capito o, peggio, finge di non aver capito.
Ci riferiamo alla eccezione sollevata dall’Usi-Ricerca, tempestivamente portata a conoscenza di tutto il personale, in merito alla errata applicazione da parte dell’Istat della decurtazione delle risorse complessive destinate al salario accessorio, prevista dal comma 2-bis dell’articolo 9 del decreto legge 78/2010.
Secondo tale disposizione normativa, l’ammontare delle risorse destinate al trattamento accessorio per gli anni 2011-2013 (poi prorogata al 2014) non può superare l’importo dell’anno 2010 ed è, comunque, ridotto in misura proporzionale alla diminuzione del personale in servizio.
L’Istat, disattendendo palesemente la disposizione legislativa e la successiva circolare esplicativa della Ragioneria Generale dello Stato, ha effettuato il calcolo con riferimento al solo personale di ruolo, così abbattendo di 1,3 milioni di euro tra il 2011 e il 2014 l’ammontare del Fondo per via dei pensionamenti.
A distanza di una settimana dall’incontro con l’Usi, infatti, l’amministrazione ha cercato maldestramente di difendere il proprio illegittimo operato con un ragionamento del tutto privo di pregio, che si appalesa illogico, pretestuoso epperciò degno di miglior sorte.
Al fine di sviare il discorso, l’Istat, con una nota a firma del direttore del personale, nonché delegato alla contrattazione in sostituzione del direttore generale, ha, difatti, risposto con argomentazioni che nulla hanno a che vedere con l’oggetto del contendere.
Appare a tutti ben chiaro, tranne forse all’Amministrazione e a qualche sigla sindacale, che il problema non risiede nelle modalità di costituzione del Fondo accessorio prima del 2010 e che il comma 2-bis dell’articolo 9 del decreto legge 78/2010 non ha innovato le modalità di costituzione del Fondo medesimo per il periodo 2011-2014.
In linea con le finalità di contenimento della spesa pubblica che interessano il citato decreto legge, nella sua interezza, il comma 2-bis dell’articolo 9 dispone solo un’eventuale taglio del Fondo accessorio qualora tra il 2011 e il 2014 l’ente abbia subìto una riduzione del personale in servizio.
E siccome l’Istat non rientra in questa fattispecie, non può essere applicato alcun taglio.
Il ragionamento è talmente banale che l’illogica contro argomentazione dell’amministrazione denota l’estrema difficoltà ad ammettere l’errore commesso.
Epperò, qualora dovesse persistere l’arbitraria decurtazione del Fondo accessorio, resa permanente a partire dal 2015 dall’articolo 1 comma 456 della Legge 147/2013 (finanziaria 2014 ad opera del governo Letta), il danno derivante ai lavoratori da tale ottuso comportamento sarebbe grave e irreversibile.
Per Usi-Ricerca è condicio sine qua non, ai fini del prosieguo della trattativa, che presidente e direttore generale, che nulla hanno a che vedere con le decisioni penalizzanti prese nel passato, ma ai quali compete la responsabilità delle scelte presenti, partecipino in prima persona alla contrattazione integrativa (anziché inviare delegati con il solo ruolo di uditori e latori, che dimostrano di non avere alcun potere decisionale), previo annullamento dell’accordo sul salario accessorio 2011, maldestramente sottoscritto da qualche sigla sindacale che - non nuova a scambiare lucciole per lanterne - ora appare pronta ad avallare i tagli illegittimamente effettuati dall’Istat, in particolare quelli riguardanti l’arbitraria riduzione di 1,3 milioni di euro per una diminuzione di personale che non c’è mai stata.
La predetta somma, si ribadisce, sarebbe sufficiente ad assicurare progressioni economiche e di livello a tutti gli aventi diritto, senza ridurre le altre voci che rientrano nel salario accessorio.