C’è scritto proprio quanto riportato tra virgolette nel titolo di questo articolo sull’Avviso per la raccolta di manifestazioni di interesse, datato 11 settembre 2015, a firma del direttore generale dell’Istat, col quale l’ente statistico spera di reperire un immobile in zona Stazione Termini, dove allocare parte dei propri dipendenti, per l’esattezza, si fa per dire, “almeno circa 100”.
Anche ai più distratti, la locuzione “almeno circa” è subito sembrata alquanto sibillina, stante l’esplosivo combinato disposto dei due avverbi, che hanno reso la formula scelta dall’ente di via Balbo tutt’altro che univoca, in quanto palesemente oscillante tra l’equivoco e il plurivoco, se non addirittura pericolosamente tendente al vago. Di sicuro, confusa.
Ci troviamo, invero, dinanzi a due termini antitetici, in particolare quando, come nel caso di specie, ad essi seguono indicazioni di quantità.
Da solo, ”almeno” vale come sinonimo di come minimo, quanto meno, perlomeno. Il che significa, né più né meno, che, se si chiede 100, non si vuole avere meno di 100. All’opposto, “circa” è sinonimo di più o meno, pressappoco, quasi, su per giù. Vale, insomma, ad esprimere cifre approssimative. Nel nostro caso, si chiede 100, ma ci si contenterebbe anche di meno.
Ma qui un caveat si impone. Diversamente da “almeno”, “circa” è una vera e propria clausola d’uso nel linguaggio commerciale, atteso che con essa, nelle negoziazioni, si intende ”lasciare una tolleranza, entro i limiti fissati dagli usi, nella effettiva quantità da doversi consegnare o ricevere o nella fissazione del prezzo della cosa negoziata”. Il che significa che trattasi di locuzione da non prendere alla leggera, perché in un eventuale contenzioso non è priva di conseguenze.
Anziché attendere inevitabili richieste di chiarimenti, sarebbe bene a questo punto procedere a una correzione dell’Avviso in questione, che, ne siamo certi, i Magistrati del dato, coadiuvati da eccellenti giuristi, riterranno senz’altro quanto mai opportuna.