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Mercoledì, 03 Lug 2024

Il 15 febbraio scorso, la Corte dei conti – Sezione del controllo sugli enti – ha pubblicato la Relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Istituto nazionale di statistica (Istat) per l'esercizio 2019.

Dal documento (74 pagine, in tutto), che come previsto dalla legge è stato trasmesso alle Presidenze delle due Camere del Parlamento, si apprende, tra l’altro, che la gestione finanziaria di competenza relativa all’esercizio 2019 si è chiusa con un disavanzo di 1,81 mln (nell’esercizio precedente, il disavanzo era stato pari a 64,71 mln).

L’avanzo di amministrazione alla fine dello stesso esercizio 2019 è stato di 189,90 mln (182,08 mln, nel 2018), di cui 78,42 mln costituiscono la quota vincolata, in massima parte (73,86 mln) destinata alla copertura degli oneri per i censimenti permanenti.

Rispetto al disavanzo economico di 50,59 milioni del 2018, l’esercizio 2019 ha registrato un avanzo di 2,77 mln. Il patrimonio netto è risultato pari a 134,82 mln (132,05 mln, nel 2018), per effetto del predetto risultato economico positivo.

Con riferimento alla carica del Presidente – professor Gian Carlo Blangiardo, già Ordinario di Demografia all’Università degli studi di Milano "Bicocca", nominato al vertice dell’Istat con Dpr 4 febbraio 2019 – la Corte evidenzia che il trattamento economico dello stesso è stato sospeso dal momento del suo collocamento in quiescenza, avvenuto in data 1° novembre 2019, e che sulla materia l’Istat ha acquisito, su propria richiesta rivolta alla Presidenza del Consiglio dei ministri, il parere n. 309 del 4 febbraio 2020 del Consiglio di Stato, in cui si esprime l’avviso che il rapporto, inteso a ricoprire una carica in organi di governo delle amministrazioni, possa proseguire per la durata prevista dall’atto di conferimento, purché a titolo gratuito.

"Con deliberazione n. 8, approvata nella seduta del 26 giugno 2020 – scrivono i Magistrati contabili nella Relazione – il Consiglio (dell’Istat, ndr) ha disposto di riconoscere al Presidente dell’Istituto nazionale di statistica il rimborso delle spese di viaggio dal luogo di residenza al Comune in cui ha sede l’Istat e viceversa, nonché le spese di vitto e soggiorno sostenute nello stesso Comune, relative all’espletamento delle funzioni connesse alla carica di Presidente, secondo quanto previsto dalla normativa vigente, effettivamente sostenute, debitamente documentate e rendicontate, fino ad un importo non superiore a euro 48.000 annui, a decorrere dalla data in cui l’incarico del Presidente è svolto a titolo gratuito".

Con il medesimo provvedimento è stato altresì precisato che le eventuali spese di missione per l’espletamento dell’incarico di Presidente dell’Istat non sono ricomprese nel predetto limite.

Nella Relazione di cui trattasi, si legge, inoltre, che «In ordine alle spese di locazione di un appartamento, a seguito di apposito rilievo di questa Corte, con nota del 20 gennaio 2021, il Direttore generale ha precisato che il riconoscimento del rimborso è strettamente correlato all’effettiva necessarietà della presenza del Presidente presso la sede legale dell’Ente e che il rimborso delle spese è stato riconosciuto in misura inferiore rispetto al costo medio di una struttura alberghiera per i giorni di effettiva presenza».

Le precisazioni dell’ente, però, sembrano non aver convinto i Magistrati contabili, dal momento che, al riguardo, sempre nella ridetta Relazione, si legge: «questa Corte rileva che la disciplina a monte dei criteri di liquidazione dei rimborsi, con riferimento in particolare alle spese di alloggio, basata sulla presunzione del carattere di continuità della permanenza del Presidente nella città sede legale (Roma), anziché sulla verifica nel concreto, delle effettive presenze, nonché delle effettive esigenze derivanti dall’espletamento delle sue funzioni, non appare in linea con il connotato della “necessarietà” di detta presenza, intesa, secondo la pacifica giurisprudenza dei giudici civili e contabili, come “presenza qualificata da un preesistente obbligo giuridico dell’interessato che non gli consentirebbe una scelta diversa per l’esercizio della funzione salvo il non esercizio della funzione stessa”. Peraltro, la rimborsabilità delle spese connesse all’espletamento del mandato prescinde dalla sopravvenuta gratuità del medesimo, e quindi non può essere connotata da contenuti diversi ed ulteriori rispetto a quelli per il periodo di onerosità dell’incarico, anche al fine di non eludere lo scopo di contenimento della spesa pubblica della disposizione recata dal citato art.5, c.9,del decreto-legge n. 95 del 2012 convertito nella l. n. 135 del 2012».

Vedremo se il rilievo della Corte avrà un seguito o se resterà flatus vocis.

Adriana Spera
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