di Flavia Scotti
Un lavoratore, pubblico o privato, è libero di recarsi in ufficio con la propria autovettura, ma a proprio rischio e pericolo.
Nel caso di coinvolgimento in un sinistro stradale, con conseguenti danni fisici, egli non sempre potrà invocare l'infortunio in itinere che, se riconosciuto, dà diritto al risarcimento da parte del datore di lavoro. Per poterlo fare, è necessario che dimostri che lo spostamento con la propria macchina è necessitato dalla mancata presenza di valide modalità di trasporto alternative. A stabilirlo è stata la Suprema Corte di cassazione con sentenza n. 22759 del 3 novembre 2011 (Pres. Battimiello, Rel. Stile).
Nel caso di specie, paradossalmente era stato proprio il lavoratore a documentare in giudizio la presenza di mezzi pubblici di trasporto, quali treno e autobus, idonei a percorrere il tragitto dalla sua abitazione al luogo di lavoro.
Pertanto, in assenza di giustificati motivi (assenza di mezzi pubblici di trasporto, considerati un normale strumento di viaggio con minor rischio), il dipendente che per recarsi a lavoro, o viceversa per andare a casa, utilizzi la propria autovettura, non può invocare l'infortunio in itinere in caso di incidente.