di Antonio Del Gatto
Le abbondanti nevicate di febbraio hanno comportato, in molte città italiane, con in testa la capitale, la chiusura degli uffici pubblici per alcuni giorni. A decretarla sono stati i Prefetti, con apposite ordinanze. All’inizio, tutto sembrava chiarito per i lavoratori, la cui assenza, non essendo imputabile alla loro volontà, non doveva essere giustificata in alcun modo.
Diverse amministrazioni hanno pensato bene di chiedere comunque “istruzioni” alla Funzione Pubblica. Nei giorni scorsi, un vero e proprio colpo di scena.
La Funzione Pubblica ha riesumato numerosi pareri dell’Aran, in base ai quali l’assenza del dipendente o la chiusura degli uffici da parte datoriale in conseguenza di eventi atmosferici e calamità naturali, rientra nelle ipotesi di forza maggiore sopravvenuta, non imputabile al datore di lavoro né al lavoratore, con la conseguenza che - precisa l’Aran - se il dipendente non ha potuto lavorare, il datore di lavoro, non avendo ottenuto alcuna prestazione, non può corrispondere la retribuzione. A supporto di questa tesi viene richiamata una solitaria sentenza della Cassazione (n. 481/1984).
Un vero rompicapo che, in attesa di soluzione, sembra ignorare che a disporre la chiusura degli uffici pubblici è stata proprio la pubblica amministrazione, con un provvedimento emesso dal Prefetto.