Nel lungo declino del settore automobilistico, che ha molte ragioni ma poche soluzioni, i dati raccolti dalla Bce nel suo ultimo bollettino economico ci dicono alcune cose che può essere utile riepilogare a uso e consumo degli osservatori.
La prima, quella più dolorosa: la domanda di aiuto espressa dalle immatricolazioni è ancora 20 punti sotto il livello del 2018. La produzione addirittura 30. Sono numeri che raccontano di un terremoto strutturale che solo in parte viene spiegata dai gusti dei consumatori che nel frattempo sono mutati. Si comprano più auto ibride e qualche veicolo elettrico in più, in gran parte grazie ad incentivi. Ma i vecchi motori a combustione ormai rappresentano appena il 40% delle immatricolazioni, quando erano più del 90 nel lontano 2018. A furia di sentirsi ripetere che non dovevano comprare queste auto, insomma, i consumatori si sono convinti. E poiché il settore auto rappresenta ancora il 10 per cento del valore aggiunto della manifattura, adesso stiamo piangendo le classiche lacrime di coccodrillo.
Ma questo non basta a farsi un’idea chiara di quello che sta succedendo. Ad esempio, è utile osservare che a luglio 2025 il 53 per cento dei soggetti intervistati aveva detto di aver acquistato un’auto di seconda mano nei trenta giorni precedenti, a fronte del 47 per cento che aveva comprato un’auto nuova. E questa maggioranza di consumatori che ha acquistato un’auto usata ha comprato per il 70 per cento motori a combustione. Vuol dire che se ne infischiano dell’ambiente? Forse, più semplicemente, si sono fatti due conti e hanno un vincolo di portafogli. Chiunque oggi si avvicini al mercato delle auto nuove, infatti, si trova davanti a prezzi che spesso superano di gran lunga il reddito annuale netto medio di una persona.

Se infatti guardiamo alle ragioni che hanno spunto verso il mercato dell’usato osserviamo che tutti, anche i più benestanti, e addirittura più loro che i meno abbienti, temono i rischi di svalutazione cui sono esposte le auto nuove in un mondo che non sa cosa deve fare da grande. Mentre i meno abbienti fanno semplicemente più fatica a trovare credito. E questo ovviamente dipende anche dagli importi che si richiedono.

Riguardo al futuro, le prospettive sono ancora meno incoraggianti. “La maggior parte degli intervistati dell’indagine non aveva intenzione di acquistare un’automobile entro l’anno successivo; l’incertezza economica e finanziaria e la preferenza per modalità di trasporto alternative hanno contribuito a questa intenzione, soprattutto per le famiglie a basso reddito”. Come dar loro torto? In un’economia dove ancora crescono i prezzi dei beni alimentari, mentre i redditi stagnano, bisogna pur darsi delle priorità. Solo l’11 per cento degli intervistati, infatti, ha comunicato di voler acquistare un’auto l’anno prossimo.

“È probabile che la ripresa della domanda di autovetture nell’area dell’euro si confermi debole in futuro, considerando il persistere di criticità”, conclude la Bce. Non solo. “Il limitato interesse delle famiglie per i veicoli esclusivamente elettrici indica che probabilmente il passaggio all’elettrificazione continuerà a essere graduale”. I politici faranno bene a rassegnarsi. I cittadini già lo hanno fatto.
Maurizio Sgroi
giornalista socioeconomico
autore del libro “La storia della ricchezza”
coautore del libro “Il ritmo della libertà”

