di Roberto Tomei
All'Istat l'amministrazione cambia pelle. Finora gestita da dirigenti tecnologi, noti a tutti come "gli amministrativi", a breve ci sarà un avvicendamento, con l’arrivo dei vincitori del primo concorso per dirigente di seconda fascia (come previsto dal Dpr 166/2010), che stanno per concludere il percorso formativo di sei mesi propedeutico al conferimento dell'incarico.
A essere sostituiti, dopo tanti anni, pare addirittura con l’onta della risoluzione anticipata del contratto, sono sette dirigenti tecnologi che ancora oggi, a pochi giorni dal "cambio della guardia", non conoscono il loro destino, che si profila davvero cinico e baro. Ognuno con la propria storia, che per tutti non è stata a lieto fine, perché indubbiamente, oltre alla perdita economica, subiscono - checché se ne dica - un danno d'immagine. Singolare, tra tutte, la vicenda di Massimo Babudri, dirigente tecnico per antonomasia da dieci anni, che a quanto pare non sarà rimpiazzato da un altro ingegnere. Per tutti, peggio di così non poteva andare e c'è già chi parla di prove tecniche di malessere equo e sostenibile.
Una cosa è certa, questi dipendenti sembrano proprio non invitati alla mensa del "benessere" che l'Istat, targato Giovannini, da tempo promette di apparecchiare per tutto il personale.
Se non è difficile immaginare come questi "vecchi" stiano vivendo questo momento, non riusciamo invece proprio a prevedere con quale spirito affronteranno il futuro.
Immersa in un eterno presente, la nostra società non coltiva più la memoria del passato. Sennonché ci sembra opportuno sottolineare che questi "vecchi" sono titolari di un patrimonio che non solo è il caso di non disperdere, ma che occorre viceversa valorizzare. Ciò può avvenire innanzitutto rispettando la loro dignità, evitando perciò di collocarli in posizione di subordinazione gerarchica rispetto a coloro che li sostituiranno.
Nessun privilegio, ma almeno quello che un tempo si chiamava l'onore delle armi.