di Flavia Scotti
C’è un tempo rilevante per il diritto, come avviene per certi istituti come la prescrizione o l’usucapione, e c’è un tempo rilevante per i cittadini, che è quello che la pubblica amministrazione impiega per definire certe pratiche, magari perché ritenute più spinose.
Ne sa qualcosa un erede del proprietario di un immobile, ubicato nella città di Salerno e realizzato nel 1957, che si è visto notificare un’ordinanza di demolizione con la quale si ingiungeva di provvedere, nel termine di 60 giorni, "al ripristino dello stato dei luoghi nel rispetto di quanto legittimamente autorizzato” agli albori della seconda metà del secolo scorso.
Al malcapitato e incredulo destinatario dello sconcertante provvedimento non è rimasto altro che adire il Tar della Campania che, con sentenza n. 1987 del 27 settembre 2013, gli ha dato ragione.
Per i giudici amministrativi, infatti, è illegittima l'ordinanza con la quale il Comune ha ingiunto la demolizione di alcune opere edilizie eseguite in difformità da una autorizzazione del 1957 che non abbia dato conto, con apposita motivazione, delle ragioni di attualità, concretezza e specificità del pubblico interesse che giustificasse il ripristino della legalità violata, tenuto conto del fatto che il decorso di un lasso di tempo davvero notevole (nella specie, oltre 55 anni) fra la realizzazione dell'opera irregolare, ma munita pur sempre di un formale titolo, e l'adozione della misura repressiva, ha ingenerato un solido affidamento in capo al cittadino.
Insomma, anche per il Tar, che pure ha i suoi tempi, talvolta assai lunghi, nella definizione dei ricorsi, dopo più di 50 anni ordinare una demolizione è davvero troppo.