Rispetto agli anni passati, i toni con i quali il Governo ha accompagnato il Def 2016 sono stati abbastanza dimessi.
Le difficoltà sono evidenti, a giudicare dal peggioramento delle previsioni per il 2016 rispetto ai numeri forniti con la nota di aggiornamento dello scorso settembre. In questi mesi la situazione economica interna e internazionale si è deteriorata, arrestando una ripresa già di per sé fragile.
Le tanto decantate riforme avviate dal governo Renzi non sembrano avere la forza sufficiente per imprimere una svolta all'economia italiana. La crescita per l'anno in corso è ora prevista all'1,2%, ma l'obiettivo potrebbe essere ben difficile da conseguire se, come si teme, il Pil del primo trimestre dovesse far segnare un modesto +0,1%.
Non sono, quindi, da escludere - nei mesi a venire - ulteriori revisioni al ribasso e il World Economic Outlook del Fondo Monetario Internazionale ha già tagliato le stime 2016 per l'Italia all'1%, in linea con quelle diffuse a febbraio dall'Ocse.
Le previsioni per gli anni 2017-2019 sono, poi, affette da un elevato grado di aleatorietà e si basano, comunque, su ipotesi attualmente molto favorevoli, che non è detto perdurino: prezzo del petrolio ai minimi, cambio euro/dollaro che avvantaggia le esportazioni, tassi di interesse sui titoli di Stato prossimi allo zero.
Lo stesso Ufficio Parlamentare di Bilancio, pur validando il quadro macroeconomico del Governo, lo considera un po' troppo ottimistico, in quanto si colloca al limite superiore nell'intervallo di stime di riferimento prodotte da istituti di previsione indipendenti (Cer, Prometeia, Ref ricerche).
Appare preoccupante il mancato rispetto del Patto di Stabilità, che potrebbe esporre l'Italia, già nei prossimi mesi, all'apertura di una procedura per deficit eccessivi.
Il pareggio di bilancio in termini strutturali, che doveva essere conseguito a partire dal 2015, non sarà raggiunto neanche nel 2019 (-0,2%). E se le precedenti previsioni contenevano quanto meno rassicurazioni sul rispetto della regola del debito in un'ottica 'forward looking', il Def 2016 dice chiaramente che il rapporto debito/Pil sarà superiore di alcuni decimali al valore richiesto.
D'altronde, tra il 2014 e il 2016, il rapporto debito/Pil anzichè ridursi è rimasto praticamente stabile e il percorso di discesa, che dovrebbe intraprendere dal 2017, ha un ritmo meno accentuato di quello precedentemente previsto (nel 2019 sarebbe al 123,8%, quattro punti in più di quanto si diceva nella nota di aggiornamento al Def del 2015).
A farne ancora una volta le spese sono i lavoratori del pubblico impiego, per i quali non sono previste, da qui al 2019, ulteriori risorse finanziarie per il rinnovo del contratto, non solo nel quadro tendenziale (a legislazione vigente), ma neanche in quello programmatico.
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