di Rocco Tritto
Chi crede che per l’ultima crisi finanziaria, che investe un paese membro dell’Ue, a versare lacrime e sangue debbano essere solo lavoratori e pensionati greci, si sbaglia di grosso.
Banchieri, tecnocrati, burocrati e politici che periodicamente si danno appuntamento a Bruxelles per varare provvedimenti finalizzati sempre e comunque a penalizzare i ceti più deboli, non perderanno certamente l’occasione di estendere le misure già varate da Atene anche agli altri Stati membri.
Da noi, il campanello d’allarme è già stato fatto suonare dal “guardiano” delle pubbliche finanze, che dal suo quartier generale di via XX Settembre ha fatto sapere che a luglio prossimo gli italiani dovranno tirare fuori dalle loro tasche più vuote che mai 25 miliardi di euro, per dare ossigeno alle casse dello Stato.
A farne le spese, come sempre, saranno i settori vitali del Paese: sanità, scuola, previdenza. In prima fila, naturalmente, anche i lavoratori, in particolare quelli pubblici, che difficilmente vedranno rinnovati i loro contratti scaduti a dicembre 2009.
Del resto, che il governo non avesse alcuna intenzione di dare ai lavoratori pubblici quello che a loro spetta, si era già capito con la farsa della riduzione dei comparti di contrattazione, che ancora non si concretizza né si concretizzerà a breve, in quanto rappresenta(va) il pretesto per differire la tornata contrattuale.
In compenso, il governo ha disposto il pagamento di qualche euro di “vacanza” contrattuale che ora, in nome della crisi europea, si appresta a riprendersi. Con i dovuti interessi.