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Lunedì, 06 Mag 2024

"Holy Motors" di Leos Carax, con Denis Lavant, Edith Scob, Eva Mendes, Kylie Minogue, Michel Piccoli, Elise Lhomeau, durata 110’, nelle sale dal 6 giugno 2013, distribuito da Movies Ispired

Recensione di Luca Marchetti

Nanni Moretti, anni fa, per stroncare un misterioso capolavoro del cinema italiano (leggenda narra si tratti di C’era una volta l’America di Sergio Leone) disse che in molte occasioni è doveroso ricorrere alla semplicità. Sentite queste parole non dobbiamo sorprenderci se l’anno scorso, al festival di Cannes, la giuria presieduta dal regista di Ecce Bombo ha pensato bene di ignorare completamente un film come Holy Motors di Leos Carax.

Dell’opera cinematografica del regista francese, infatti, si può dire qualsiasi cosa, tranne che sia una storia semplice. Immaginiamo, divertiti, cosa abbia pensato Moretti dopo aver visto questo folle mosaico di cinema e aver constatato, forse con fastidio, il grandissimo apprezzamento che il film suscitò nella critica e nel pubblico della Croisette.

Fin dai primi momenti, con un prologo in una sala cinematografica funerea dove irrompe lo stesso regista con un pigiama improbabile, si capisce che quello che si sta per intraprendere sarà un tour de force estenuante e entusiasmante nella follia e nell’arte del regista più “borderline” del cinema d’Oltralpe.

Dopo dodici anni di silenzio artistico (eccetto la regia di un episodio nel film collettivo Tokyo!), segnato da progetti arenati e disgrazie personali (la morte della compagna Yekaterina Golubeva), Carax torna con un’anti-pellicola dove più che seguire una trama lineare si mettono insieme tantissime citazioni, metafore e riflessioni filosofiche, senza mai sentire il desiderio di spiegare alcunché al proprio pubblico.

Lo spettatore inerme, dunque, è investito da un flusso di coscienza visivo in cui, come in un puzzle, sono affiancati alcuni frammenti intrisi di poesia altissima e di liricità emotiva, girati anche con un realismo sorprendente (pensiamo alla discussione in macchina tra il padre e la figlia) ed altri, invece, fatti di pura irrealtà, nei quali appare anche Monsieur Merde, feroce essere immondo ed eroe caraxiano, sanamente distruttivo con la sua forza ferina.

Questa giornata di straordinaria pazzia non poteva realizzarsi con tali risultati disturbanti se il regista non avesse avuto un complice all’altezza della situazione.  L’attore Denis Lavant, sodale e feticcio di Carax, è il secondo padre di Holy Motors, incredibile per la sua capacità di cambiare abiti e volti per interpretare uno, nessuno e centomila personaggi, sempre con la stessa dedizione e professionalità, arrivando a commuovere persino nei risvolti più paradossali e respingenti. La sua enorme bravura d’attore sottovalutato esplode qui in tutta la sua forza e mette in ombra i pochi, convincenti, compagni di scena (Michel Piccoli, Kyle Minogue e la bellissima Eva Mendes).

Discorso diverso va fatto per Edith Scob, l’autista della limousine-camerino di Lavant, che, anche solo per i pochi attimi a disposizione, tiene fieramente testa al mattatore.

Detto ciò, riconosciamo che Holy Motors ha tutte le carte in regola anche per essere recepito come un film presuntuoso o, addirittura, irritante.  Con un’opera cosi il confine tra sublime e terribile è labile e indefinito.

Credeteci, però, vale la pena di accorrere nelle (poche) sale che finalmente lo proiettano solamente per scoprire l’effetto che vi fa.

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