“Exodus – Dei e Re”, di Ridley Scott, con Christian Bale, Joel Edgerton, Sigourney Weaver, Ben Kingsley, John Turturro, Aaron Paul, María Valverde, Indira Varma, Emun Elliott, Ben Mendelsohn, Golshifteh Farahani, Adrian Palmer, Hiam Abbass; durata 154’, nelle sale dal 15 gennaio 2015, distribuito da 20th Century Fox.
Affrontare un nuovo adattamento dell’Esodo biblico, riuscendo a fondere le esigenze spettacolari del cinema mainstream con lo spirito illuminista e razionale di una rilettura moderna della storia di Mosè e della fuga degli ebrei dall’Egitto era un’operazione quasi impossibile per molti. Serviva una mano efficiente, adatta e capace.
Il maestro Ridley Scott, autore di capolavori come Blade Runner e I duellanti e già abituato al peplum grazie all’esperienza de Il Gladiatore e dei sottovalutati Robin Hood e Le Crociate, era il profilo giusto.
Il cineasta inglese, dopo l’affascinante delirio spirituale del Noah di Darren Aronofsky, era chiamato a dare un’interpretazione inedita dei Dieci Comandamenti, degna dei maestosi precedenti (come il kolossal di De Mille con Charlton Heston) e capace di intercettare le esigenze cinematografiche del pubblico del 2015.
Scott e i suoi sceneggiatoti (tra cui spicca Steven Zaillian) hanno il coraggio di raccontare una storia lontana dagli stereotipi biblici e dalla cultura popolare, evitandoli sempre, con forza, anche nei momenti più canonici (le piaghe, la separazione delle acque, la scrittura dei comandamenti).
I personaggi di Exodus – Dei e Re sono uomini concreti, pieni di difetti e frustrazioni, talmente attuali da sfuggire ai legami del genere storico. Oltre a un Ramses ambizioso e arrogante (il convincente Joel Edgerton), vero villain mosso dai peggiori istinti e arroganze umane, è il tormentato Mosè di Christian Bale a sorprendere. Attore viscerale e passionale (alcune volte anche all’eccesso), Bale decide di rappresentare non un profeta o un condottiero, ma un uomo pieno di dubbi, diviso tra lo spirito del guerriero fanatico votato alla propria causa e il padre di famiglia disgustato dalla violenza che è costretto ad accettare.
Se la trovata agnostica di mantenere una continua ambiguità sulla vera natura delle rivendicazioni degli ebrei e di Mosè (è il volere di Dio o la pazzia di un uomo?) è intrigante ma già vista (è ormai un’abitudine contemporanea quella di rileggere i classici spogliandoli dal mito), diverte vedere la bigotta Hollywood mostrare un Padre Eterno letteralmente rappresentato come un bambino iroso, violento, assetato di vendetta e rabbia.
Osteggiato da molte comunità religiose (nei proseliti del profeta di Bale molti hanno voluto vederci una critica alle politiche del governo israeliano) e bistrattato da diversi critici, incapaci di vedere oltre il velo della superficie, Exodus è un’opera mastodontica e complessa, un film che fa pesare ogni scena e ogni dialogo, l’ennesima conferma della carriera di un regista sottovalutato ma con un’idea precisa della propria filmografia.
Nonostante le cadute e gli errori di valutazione, Ridley Scott regala comunque, a ogni film, Spettacolo al proprio pubblico, scegliendo spesso strade difficili e sbagliate, ma sempre sincere e passionali.
Come il proprio personale Mosè, Scott è consapevole dei difetti e dei limiti ma, nonostante sappia di dovere combattere battaglie ingiuste, con mezzi non condivisibili, è disposto ad accettare di buon grado di sporcarsi le mani per un fine più grande: fare e donare Cinema.
*Critico cinematografico