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Mercoledì, 03 Lug 2024

“Whiplash”, di Damien Chazelle, con Miles Teller, Melissa Benoist, J. K. Simmons, Austin Stowell, Kavita Patil, Michael D. Cohen, Tian Wang, Kofi Siriboe, Tarik Lowe, Marcus Henderson, C.J. Vana, Calvin C. Winbush, durata 105’, nelle sale dal 12 febbraio 2015, distribuito da Warner Bros Italia.

Andrew (Miles Teller) è un talento alla batteria. La sua vita, come quella del suo mito Charlie Parker, è pervasa dalla musica e tende, in modo quasi compulsivo e ossessivo, a diventare parte del jazz. La pratica feroce e la dedizione nel coltivare la propria bravura  rendono il ragazzo consapevole dei propri mezzi, già convinto di essere sulla strada giusta per diventare un grande musicista.

L’incontro fortuito con Terence Fletcher (J.K. Simmons), rinomato jazzista e temuto professore della scuola frequentata da Andrew, dovrebbe essere la grande occasione per il ragazzo, il definitivo salto di qualità ma si trasformerà presto nel suo peggiore incubo.

Premiato al Sundance Festival con il Gran Premio della Giuria e candidato a diversi premi Oscar (tra cui il miglior film e la miglior sceneggiatura non originale), il film d’esordio del ventinovenne Damien Chazelle  difficilmente può essere etichettato come una normale pellicola musicale in quanto, pur trasmettendo Musica da ogni suo fotogramma, Whiplash (Colpo di frusta, in originale) è un’opera che sembra, infatti, guardare più al thriller psicologico, all’eccitato dramma da camera.

Come già fatto brillantemente da Darren Aronofsky per il balletto, con il suo Cigno Nero, il regista entra di forza nel piccolo mondo dei musicisti professionisti (in particolare, batteristi) e ne mostra tutte le difficoltà, i dolori, le piaghe e le disgrazie. L’obiettivo finale, però, non è la fotografia da documentario, lo sguardo originale per un grande pubblico mainstream. Chazelle usa con intelligenza il Jazz (da ex studente del conservatorio, immaginiamo chela musica sia parte integrante della sua vita) per mettere in scena scontri impari e angoscianti tra due uomini, tra un giovane illuso e un vecchio cinico, tra un alunno che sogna di essere il nuovo Parker e il mentore alla ricerca rabbiosa di quella nuova stella.

Il gioco delle parti, come in un bel film di Roman Polanski, è il cuore e la struttura dell’intero film, una pellicola che vive febbrilmente la tensione perpetua tra questi due poli.

Eccitato da una regia furba e da un montaggio che non lascia tregua, Whiplash è un film costruito con grande mestiere, cosciente (come la maggior parte del cinema indie americano di questi ultimi anni) di saper usare il proprio presunto “sperimentalismo” per far innamorare gli spettatori di tutte le estrazioni. Chazelle, dunque, gioca con gusto con uno script che non sbaglia un colpo. Molti dei meriti della fortuna di Whiplash, della sua convincente spina dorsale thriller, sono da attribuire ai due attori protagonisti.

In questi giorni, anche per via di un Oscar come miglior non protagonista praticamente già conquistato, molti parlano della bravura di J.K. Simmons, splendido caratterista caro ai fratelli Coen e a Jason Reitman, che fa suoi gli attacchi di rabbia, gli insulti disgustosi e lo spregevole carisma del suo Terence per regalare una performance enorme.

Anche grazie a un ruolo scritto per essere totalizzante e accattivante (più un cattivo è terribile, più il pubblico ne rimane fatalmente affascinato) l’ottima prova di Simmons è, e sarà, l’immagine centrale del film.

Più di una citazione, però, meriterebbe anche il lavoro del giovane Miles Teller, stella in ascesa, capace non solo di tenere testa al suo più esperto collega ma anche di tratteggiare il ritratto di questo fragile aspirante musicista, talmente ossessionato dal proprio sogno e dalla paura dell’oblio della mediocrità, da rinnegare tutta la vita pur di provare, con le mani e le bacchette grondanti sangue, ancora una volta l’ultimo pezzo del suo sadico insegnante.

*critico cinematografico

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