“Vizio di Forma”, di Paul Thomas Anderson, con Joaquin Phoenix, Reese Witherspoon, Katherine Waterston, Eric Roberts, Josh Brolin, Owen Wilson, durata 148’, nelle sale dal 26 febbraio 2015, distribuito da Warner Bros Italia.
Probabilmente, con la trasposizione cinematografica di Vizio di Forma, siamo di fronte ad uno degli eventi cinematografici più significativi della storia recente del Cinema americano (e non solo). Capita raramente, infatti, che uno dei più bravi autori in attività decida di adattare per il grande schermo il romanzo di un mito vivente della letteratura.
Ecco dunque l’incontro tra Paul Thomas Anderson e la leggenda Thomas Pynchon, un binomio culturalmente estasiante che genera uno dei capolavori di questo 2015, un film con cui, molto probabilmente, saremmo costretti a confrontarci molto nei prossimi anni.
La trama di quella che, stupidamente, è considerata l’opera più “semplice” del romanziere americano è facile da dirsi ed è portata sullo schermo con fedeltà ortodossa.
Nella psichedelica California degli anni sessanta, il detective privato Larry “Doc” Sportello è catapultato da Shasta, una sua vecchia fiamma, dentro una storia assurda che vede bande di nazisti, magnati immobiliari ebrei, contrabbando internazionale e una strampalata comunità hippie confondersi tra loro.
Con una ricostruzione visiva e sonora (lo score, tra pezzi d’epoca e melodie originali dell’ottimo John Greenwood, varrebbe da solo il prezzo del biglietto) e con il lavoro eccellente di un cast perfetto, Paul Thomas Anderson entra nel cuore del mondo di Pynchon riuscendo, allo stesso tempo, a salvaguardarne la purezza e ad adattarlo alle proprie esigenze poetiche (oltre che al proprio spirito).
Dietro l’atmosfera onirica da commedia surreale e il divertito gioco parodistico sull’hard-boiled chandleriano, dunque, si nasconde ben altro. Vizio di Forma, infatti, racconta già dal titolo (Inherent Vice, vizio intrinseco, in inglese) il peccato originale di un mondo talmente meraviglioso da essere destinato a sparire, un universo sul punto d’implodere in se stesso.
La Los Angeles di Doc Sportello, così luminosa nei suoi ricordi emozionati da amante abbandonato, è l’ultimo baluardo di un’America condannata a venire irrimediabilmente violata dal disastro del Vietnam e dall’amministrazione Nixon, un paradiso terrestre dove la Paranoia e la Paura lentamente stanno contaminando tutto.
I viaggi tossici di Sportello, le sue indagini raffazzonate da detective “idiota”, troppo preso dall’ultimo mozzicone di spinello, dall’ultimo sguardo lascivo sulla nuova femme fatale, sono gli itinerari romantici di un sopravvissuto, troppo “intontito” (consapevolmente?) per guardare negli occhi la tragica morte della propria patria.
Anderson trasforma in immagine il verbo di Pynchon e i suoi personaggi, prendono vita grazie anche al lavoro di attori eccitati e concentrati (interpreti del calibro di Josh Brolin, Owen Wilson, Reese Witherspoon, Benicio Del Toro, tutti follemente in parte), tra cui brilla di luce propria un incredibile Joaquin Phoenix, capace, come sempre, di mettere passione febbrile e dedizione maniacale in ogni sua prova.
Come con il precedente The Master, il lavoro di Anderson non è né immediato, né conciliante, anzi Vizio di Forma si dimostra davvero una prova dura e audace per qualsiasi spettatore.
Una sfida intellettuale, però, che arricchisce e soddisfa, costringendoci, magari dopo più di una visione, a fare i conti con il proprio rapporto con il Cinema.
*critico cinematografico