Ciascun uomo ha a che fare con Demone, Eros, Necessità e Speranza, i volti (o le maschere) che l’avventura ogni volta gli presenta.
Sono queste le figure che Giorgio Agamben analizza, da par suo, nei capitoli del volume intitolato appunto “L’avventura”, recentemente pubblicato dall’editrice romana Nottetempo, presso la quale il filosofo ha pubblicato anche altri titoli, tra cui, nel 2013, “Pilato e Gesù”, a suo tempo recensito su questo giornale.
“L’avventura” è una cavalcata nella storia della nostra cultura, che parte dai Saturnali di Macrobio per giungere fino a Heidegger e nella quale quei volti di cui si è detto all’inizio vengono analizzati uno per uno e in connessione tra loro.
Molto interessante la disamina, che occupa la parte centrale del testo, del concetto di avventura, che “ha certamente a che fare con una determinata esperienza dell’essere”, accidentale e al tempo stesso duratura.
E’ Simmel, in particolare, a spiegare tale concetto, definito dal fatto che qualcosa d’isolato e casuale contenga un senso e una necessità” e “nonostante la sua contingenza e la sua extraterritorialità nei confronti della vita, debba far parte integrante della natura e del destino di chi se ne fa portatore, secondo una necessità misteriosa e un senso che oltrepassa gli eventi più razionali della vita”.
Anche l’amore sarebbe contraddistinto da questo nesso costitutivo, “dell’intrecciarsi cioè di un carattere tangenziale e momentaneo con qualcosa che sta al centro dell’esistenza umana”.
Del resto, il nome della potenza rigeneratrice che dà vita al demone è l’Eros, che eccede persino l’avventura, ma è superato dalla Speranza, aggiunta solo da Goethe alle quattro divinità di Macrobio: Daimon, Tyche, Eros, Ananche (il Demone, la Sorte, l’Amore e la Necessità).
Come si diceva all’inizio, a queste divinità, secondo tradizione, è legata la vita dell’uomo e “il modo in cui ciascuno si tiene in rapporto con queste potenze definisce la sua etica”.