Inside Out, di Pete Docter, durata 94’, nelle sale dal 17 settembre 2015, distribuito da The Walt Disney Company Italia.
Recensione di Luca Marchetti
Dopo il successo clamoroso ottenuto all’ultimo Festival di Cannes (dove più di una voce si è lamentata del fatto che il film d’animazione fosse stato presentato “solo” nel Fuori Concorso), arriva nelle sale italiane Inside Out, l’ultimo capolavoro targato Pixar.
Si sa da anni, ormai, che qualsiasi progetto o prodotto la factory guidata da John Lasseter decida di portare avanti sarà molto probabilmente un capolavoro, un’opera di grande qualità, una favola per bambini (e per adulti) capace di entrare in nuovi territori emotivi. Mai come in quest’occasione, però, la Pixar si era spinta così audacemente in avanti, dando carta bianca alla geniale intuizione di uno dei suoi uomini di punta, l’ottimo Pete Docter (già artefice della riuscita di film come Monsters & Co. e Up).
Inside Out, infatti, sceglie di raccontare il coming of age di Riley, giovane ragazzina alle prese con un traumatico trasloco dall’altra parte degli Stati Uniti, da un punto di vista inedito: quello delle sue emozioni. I protagonisti del film sono, appunto, Gioia, Tristezza, Rabbia, Paura e Disgusto, le versioni antropomorfe dei sentimenti, che nella sala di controllo della mente guidano la vita della ragazzina.
La possibilità di addentrarsi nell’animo umano, di realizzare visivamente il subconscio, i sogni, gli amici immaginari o la memoria, permette al team Pixar di sbizzarrirsi, regalando alcune delle idee estetiche più esilaranti e affascinanti della propria produzione.
Guardando al lavoro dei padri dell’animazione statunitense (i modelli dichiarati sono Tex Avery e Chuck Jones) e ai primi cortometraggi storici degli anni quaranta, Inside Out è un trionfo visivo, un’entusiastica esplosione di colori e immagini, che riempie gli occhi e il cuore.
La grande resa estetica del film o le impressionanti trovate comiche della storia non devono sviare, però, l’attenzione dall’incredibile lavoro di scrittura, dal coraggio degli autori di entrare in profondità di una storia che, citando anche Freud e Jung, mantiene interamente la propria forza di “racconto per bambini”. L’accusa, se tale può essere considerata, che si fa principalmente agli autori Pixar è di realizzare dei film d’animazione per adulti, truccati da opere per bambini. Anche se la “importanza concettuale” dei loro film è innegabile, l’entusiasmo della critica e del pubblico a ogni pellicola, nasce da un impegno preciso che John Lasseter e i suoi colleghi hanno preso nei confronti dei propri spettatori: non prenderli mai in giro.
Inside Out, come i suoi precedenti, parla di argomenti fondamentali (la crescita, l’amore, l’esistenza umana) per ognuno di noi, bambino o adulto che sia, con una lingua semplice ma non superficiale, evitando di drogare le proprie storie con trovate facili o espedienti di maniera. Questo legame di fiducia che si crea fra autore e spettatore, molto raro nel cinema mainstream contemporaneo, è la ragione principale di un successo che, da quasi vent’anni, premia un gruppo di lavoro artistico tra i più coerenti e geniali che ci sia nel Cinema.