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Giovedì, 04 Lug 2024

L’arte di essere fragili. Come Leopardi può salvarti la vita di Alessandro D’Avenia, Mondadori Editore, 2016, pp.209, euro 19.

Recensione di Roberto Tomei

Il libro è un dialogo serrato tra l’autore e il grande recanatese, attraverso il quale ci viene veicolata una prospettiva del tutto nuova e originale di leggere Leopardi. Anziché associato a pensieri cupi e al pessimismo, infatti, il poeta della Ginestra ci viene qui presentato in tutta la sua carica vitale, da cui l’autore si dice contagiato e che spera possa contagiare anche i lettori, soprattutto i giovani, che più di tutti hanno bisogno di imparare a gestire le loro fragilità.

Di questa carica vitale Leopardi ha consapevolezza già dall’età di diciotto anni, allorché descrive il suo “rapimento”, cioè la luce della sua chiamata (fuori della biblioteca del padre) che lo spinge a scrivere a Pietro Giordani che non era disposto, come lui gli consigliava, ad attendere troppo tempo prima di dedicarsi alla poesia: “Quando io vedo la natura … mi sento così trasportare fuori di me stesso, che mi parrebbe di far peccato mortale a non curarmene … e aspettare una ventina d’anni per darmi alla poesia”.

Ma il coraggio di avere un destino e farsene carico si manifesta anche nello Zibaldone, laddove egli ci insegna che si tratta di un coraggio che richiede la pazienza delle stagioni, di un’arte che si impara in una vita intera. Nostalgia ed energia vitale pervadono, però, tutta l’opera di Leopardi, ancorché egli sembri talora sentirsi uno sconfitto, come dopo la fallita fuga da Recanati, in pratica dal padre, e la morte di Silvia, alla quale tutto appariva pieno di promesse, come del resto anche al poeta quando cantava l’Infinito.

Leopardi non fu, come sappiamo, fortunato in amore. Amò ma non fu riamato né dalla contessa Teresa Carmiani Malvezzi né da Fanny Targioni Tozzetti; nondimeno conobbe e apprezzò l’amicizia dei fratelli Ranieri, che lo ospitarono a Torre del Greco durante il suo soggiorno napoletano. Un’amicizia che, come scrive D’Avenia, “ti salva dall’abisso, che ti sta vicina nel pianto, che legge i piccoli segni del volto, che, anche se non può raggiungere il nucleo del buio, può far sentire accompagnati in quel viaggio attraverso la notte interiore”.

Dalla vita e dall’opera di Leopardi, D’Avenia trae così l’ispirazione per dare risposte ai suoi ragazzi di scuola e ai tanti ragazzi del nostro paese, tutti in cerca del senso della vita, aiutandoli a manifestare la loro bellezza nel mondo, cosicché nulla, o quanto meno non tutto, alla fine sia “sprecato”.

Da questo libro l’autore ha tratto anche un racconto teatrale, che porterà in giro per l’Italia, al quale di cuore auguriamo tutto il successo che merita.

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