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Giovedì, 04 Lug 2024

Meglio essere felici di Zygmunt Bauman, Castelvecchi Editore, Roma, 2017, pp.43, euro 5.

Recensione di Roberto Tomei

Nel libro che qui si presenta, il grande sociologo polacco, scomparso di recente, discetta della felicità, un tema che è sempre stato al centro della riflessione di tutti i grandi pensatori, dai greci ai giorni nostri, avvertendo subito che, quando lo si affronta, si entra in un terreno "scivoloso, offuscato, barcollante", comunque affollato da una molteplicità di definizioni.

Bauman suggerisce così due categorie essenziali entro cui si può raggruppare tale varietà di definizioni.

La prima comprende coloro che la identificano con "una vita con meno disagi e svantaggi, una vita priva di preoccupazioni"; la seconda, invece, riunisce tutti gli altri, per i quali la felicità non consiste nella libertà dai problemi ma sopraggiunge quando "superiamo i problemi, le angustie, le difficoltà della nostra vita". Individuate le categorie, resta il fatto, per Bauman, che ciascuno deve fare la propria scelta, la felicità essendo "in ultima istanza, una scelta personale", in cui gioca il carattere ma anche il destino, entrambi i fattori risultando poi "influenzati dalla società in cui viviamo".

Spesso ci poniamo, infatti, obiettivi che non riusciamo a raggiungere, sicché "al giorno d'oggi, quella che abbiamo di fronte a noi e di cui siamo testimoni, la più grande paura che ossessiona tutti, è la paura dell'inadeguatezza", con tutto quel che ne consegue in termini di perdita dell'autostima.

E' la "strana malinconia che inquieta gli abitanti della democrazia", come aveva già intuito Tocqueville, che per primo scoprì che la felicità è una qualità che si ritira sempre dinanzi alle persone, si sottrae alla loro vista e, ritirandosi, volta loro le spalle. Si tratta di una dimensione di vita che, sottolinea Bauman, è aggravata dal fatto che "oggi ci si compara con chiunque intorno a sé", con tutte le conseguenze che ne derivano, e per di più in un contesto di mercato consumistico, che è strutturato per creare insoddisfazione (la quale crea desiderio): "nella società dei consumi l'idea di un cliente felice è una catastrofe per il mercato, perché si smetterebbe di andare nei negozi".

Non solo per questo motivo, ma sta di fatto che nelle nostre società opulente molte persone vivono in uno stato di depressione, causa ed effetto della solitudine, che è la vera fortuna degli inventori dei social network, che guadagnano cifre enormi assicurando a tutti di non essere più soli, salvo poi scoprire che "abbiamo bisogno della compagnia umana, ma di una reale compagnia umana", come tale insuscettibile di rimpiazzi artificiali.

In una vita che si divide ormai tra online e offline, la prima con i "neoumani" (= gli abitanti della rete), da ciascuno selezionati molto attentamente, la seconda con gli umani veri, che non possiamo scegliere, dobbiamo prendere consapevolezza che la vita vera è questa seconda, quella cioè che si svolge nel rapporto con gli altri esseri umani, in carne e ossa, sicché, conclude Bauman, "se vi state chiedendo quale sarà il futuro della felicità, è opportuno che ricordiate, fra le altre cose, la seguente, che è di straordinaria importanza: la felicità comincia a casa. Non su Internet, ma a casa, in contatto con le altre persone".

Dove, al di là della parte piacevole, si litiga, si discute, provando a capire le ragioni dell'altro.

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