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Domenica, 05 Mag 2024

Colta a conferire con un’altra candidata il giorno della seconda prova scritta del concorso per notaio, una candidata è stata immediatamente esclusa dalla procedura selettiva. Il ricorso proposto dall’esclusa al fine di evitare il maturare di una inidoneità (conseguente all’esclusione), onde vedersi garantita la possibilità di accedere ad ulteriori tre procedure concorsuali per la nomina a notaio, è stato respinto dal Tar, che ha considerato, senza mezzi termini, le argomentazioni sviluppate dalla ricorrente a sostegno della propria richiesta “non meritevoli di alcun margine di apprezzamento” (Tar Lazio, sez. I, 5 giugno 2017, n.6520).

Non serve, infatti, un’approfondita analisi del quadro normativo di riferimento (R.d. 14 novembre 1926, n.1953; art. 66, comma 2 L.18 giugno 2009, n.69; D.M. Giustizia 22 marzo 2013) per rendersi conto del rigoroso divieto sancito dalla legge di scambiare coi compagni del concorso qualsiasi comunicazione sia oralmente che per iscritto, con tutte le conseguenze che ne derivano, tanto che” nei casi più gravi è stabilito addirittura che il Ministro della Giustizia può, con suo decreto, escludere il concorrente anche dai concorsi successivi”.

Orbene, sottolinea il giudice amministrativo, il contegno assunto dalla ricorrente ha eliso in radice l’utilità della prova concorsuale, orientata a prediligere la capacità personale del candidato, vanificando “l’imprescindibile sforzo ricostruttivo e di analisi individualmente richiesto a ciascun candidato”, che costituisce il fulcro del giudizio valutativo rimesso alla Commissione, in ossequio ai principi costituzionali di uguaglianza, legalità, imparzialità e buon andamento. Pertanto, la delibera di esclusione, che corrisponde, quanto agli effetti, a un giudizio di inidoneità del candidato, non determina affatto, come sostenuto dalla ricorrente, una illegittima lesione del diritto al lavoro e alla libertà di scelta del lavoro stesso da parte della ricorrente medesima.

Di nessun pregio il giudice amministrativo ha mostrato di considerare anche le ulteriori censure sollevate nel ricorso, come, da un lato, la pretesa genericità dei casi di esclusione, da ritenersi viceversa espressi in termini inequivocabili e immediatamente comprensibili, e, dall’altro, la pretesa necessità di una previsione regolamentare affinché la Commissione potesse avviare un apposito procedimento amministrativo finalizzato all’esclusione, stante la natura vincolata dei poteri della stessa, da questa esercitati in tempi e modi tutt’altro che irragionevoli, irrazionali o arbitrari.

Allo stesso modo, il giudice ha ritenuto “privo di qualsivoglia appiglio normativo e giuridico” l’assunto espresso nell’ultimo motivo di ricorso, con il quale la ricorrente contesta il giudizio di esclusione per la mancata valutazione del contenuto del dialogo intercorso tra la stessa e altra candidata, ritenendolo manifestamente sproporzionato. Per costante giurisprudenza, infatti, “nulla, in termini di doveri istruttori o di valutazioni discrezionali ulteriori, è previsto in capo alla Commissione di concorso”, che, in fase di valutazione delle condotte sanzionabili, è tenuta ad accertare esclusivamente che si tratti di contegni non consentiti ed espressamente vietati.

Tanto premesso, il giudice ha ritenuto utile ribadire come la ragionevolezza della conseguenza afflittiva del giudizio di inidoneità si ponga in coerenza con il bisogno di effettività dei principi di trasparenza, celerità e par condicio, in quanto interessi costituzionalmente tutelati e di primaria rilevanza.

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