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Sabato, 06 Lug 2024

di Flavia Scotti

Sappiamo che non è bello dirlo, ma stavolta proprio non possiamo fare a meno di esclamare: “Noi l’avevamo detto”. Come al solito, da soli, senza la compagnia di nessun altro, anzi c’è stato chi si è proprio sbracciato per dissociarsi.

L’Usi-Ricerca, infatti, fin dal 2007 aveva fatto presente a chiare note che l’Istat forse non ne era consapevole ma sedeva su un tesoretto.

C’è voluta una azione della Corte dei conti che, proprio sollecitata dall’Usi, ha fatto emergere una clamorosa disattenzione dell’Istat che, per anni, non ha applicato le sanzioni pecuniarie di legge nei confronti dei non rispondenti, soprattutto imprese, ai questionari statistici.

Costretta obtorto collo a mettere in moto la macchina sanzionatoria, dopo un avvio a rilento, che pure ha fatto affluire nelle casse dell’ente statistico più di 3 milioni di euro in un triennio, di cui 1,8 nel 2012, è giunto finalmente quel flusso che l’Usi da tempo aveva previsto.

E’ di questi giorni, infatti, la notizia che una pioggia di milioni, circa una trentina, sta per abbattersi, si fa per dire, sullo storico palazzo di via Balbo, dal momento che sarebbero state quantificate in oltre trentamila le mancate risposte da parte di imprese interessate dal Censimento dell’industria e dei servizi.

Si tratta di una somma di notevoli proporzioni, che l’ente dovrà, secondo una generica indicazione della legge, destinare “alla copertura degli oneri per le rilevazioni previste dal programma statistico nazionale”.

Innanzitutto, stando così le cose, si dovrebbe quantomeno ampliare il numero delle rilevazioni per le quali la mancata risposta comporta la consequenziale applicazione della sanzione.

Una volta, infatti, tutte le indagini statistiche erano assistite, almeno sulla carta, da sanzioni  pecuniarie. Dopo le note vicende che hanno portato all’intervento della Corte dei conti, se è vero che le sanzioni sono state finalmente applicate, è altrettanto vero che il numero delle indagini coperte da sanzioni si è notevolmente ridotto, creando peraltro una palese disparità di trattamento tra i destinatari dei questionari che, paradossalmente, sono stati divisi in due categorie.

La prima comprende i soggetti interessati da indagini statistiche con obbligo di risposta per i quali, in caso di inadempimento, non è prevista alcuna sanzione.

La seconda riguarda, invece, tutti coloro che sono tenuti a compilare i questionari, sempre con obbligo di risposta, ma questa volta sanzionabili in caso di inosservanza.

L’Istat, sempre facendo leva su queste consistenti nuove entrate, potrebbe operare un drastico ridimensionamento delle indagini statistiche affidate all’esterno, che meglio potrebbero essere effettuate con personale dipendente che, su base volontaria, si dichiari disponibile a lavorare a turno, assicurando la presenza in ufficio anche nelle ore pomeridiane, quando ad esempio si effettuerebbero le (milionarie) indagini telefoniche Cati.

Basti pensare che, come già segnalato dal Foglietto, per appaltare a società private importanti fasi delle indagini statistiche, l’Istituto ha sborsato nel 2011 quasi 20 milioni di euro, 3 in più dell'anno precedente: a crescere maggiormente le indagini dell'area demo-sociale (+22%) rispetto a quelle dell'area economica (+8%).

Naturalmente, è appena il caso di rilevarlo, con le predette maggiori entrate, derivanti dalle sanzioni, l’Istat potrebbe rafforzarsi notevolmente con l’assunzione di nuovo personale da adibire alla effettuazione delle indagini statistiche e al potenziamento degli uffici preposti all’applicazione delle medesime sanzioni.

Si tratta di proposte concrete e immediatamente attuabili, sostenute con forza dall’Usi-Ricerca, che su questa materia chiede un urgente confronto con i vertici dell’ente di via Balbo.

Sarebbe, infatti, davvero un peccato se l’Istat, dopo aver vinto la lotteria, smarrisse il biglietto.

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