Venerdì scorso doveva essere la giornata buona per la designazione in Consiglio dei ministri del nuovo presidente dell’Istituto nazionale di statistica, la cui poltrona in via Balbo, a seguito delle dimissioni di Enrico Giovannini, è occupata da un anno da un facente funzioni: Antonio Golini.
I giochi sembravano fatti.
Stando ai rumors, ad avere la meglio, alla fine, sarebbe dovuta essere Giorgia Giovannetti, ordinario di Economia politica all’Università di Firenze, molto stimata dal premier Renzi. Ma, ad un passo dalla meta, qualcosa si deve essere inceppato, se è vero, come sembra, che all’interno del Partito democratico si sarebbero levate autorevoli voci a sostegno della candidatura Alleva, ben visto dalle correnti cosiddette di sinistra dello stesso Partito, che all’interno delle commissioni affari costituzionali di Camera e Senato, cui spetta di esprimere (a maggioranza dei due terzi) il proprio parere sulla delicata nomina, sono ben rappresentate.
Vedremo ora se il lavoro di mediazione, che subito è partito, riuscirà a produrrà effetti per il prossimo consiglio dei ministri, che dovrebbe tenersi il 13 giugno.
Forza Italia, intanto, che sa bene che senza il voto dei suoi rappresentanti in commissione qualsiasi designazione verrebbe bocciata, non pone veti sulla scelta che Renzi prima o poi dovrà fare, essendo in realtà interessata alla sostanziosa poltrona di direttore generale dell’Istat, anch’essa vacante da molti mesi, e sulla quale il Partito dell’ex Cavaliere conta di piazzare un proprio uomo.
Chi, invece, dopo che Renzi avrà designato il nuovo presidente dell’Istituto, quasi sicuramente darà battaglia in commissione è il Movimento 5 Stelle, che contesta il metodo (del tutto ignoto) con il quale dall’esercito degli aspiranti si è giunti appunto alla designazione.
Eppure, il premier Renzi, coadiuvato dalla ministra Madia, aveva dato l’impressione di volersi distinguere dai suoi predecessori, procedendo all’insegna della trasparenza alla scelta del nuovo presidente dell’ente statistico. Cosa mai avvenuta in passato, infatti, è stato emanato un avviso pubblico che, come detto, ha raccolto quaranta candidati che, oltre al curriculum vitae, hanno dovuto allegare anche una sintetica descrizione delle linee programmatiche sull'espletamento del mandato.
Ma la trasparenza è stata subito avvolta dalle tenebre, visto che non è dato sapere chi e con quali competenze abbia esaminato e valutato la documentazione presentata dai candidati.
Con assoluta certezza, possiamo dire che non c’è stata neppure l’ombra di un search committee o comitato di esperti, del genere già utilizzato dal Miur per arrivare alla nomina del board degli enti di ricerca, Cnr in testa, vigilati dallo stesso Miur.
In tempo di spending review, Renzi forse avrà optato per il più economico do it yourself. Una sorta di selfie.