Quello che da un paio di mesi sta accadendo all’Istat, dal luglio dello scorso anno sotto la presidenza di Giorgio Alleva, ha dell’incredibile.
Quasi duemila dipendenti, tra tecnici e amministrativi, attendono la conclusione della trattativa sul salario accessorio per gli anni dal 2011 al 2015, di fatto trascurata se non addirittura ignorata dalle precedenti gestioni.
Ma anche la nuova gestione non sembra voler risolvere le annose pendenze se è vero, come è, che di fronte alle legittime proposte risolutive portate al tavolo della trattativa da Usi-Ricerca, rese note al personale attraverso comunicati puntualmente apparsi sul Foglietto, ha fatto orecchie da mercante, con argomentazioni del tutto fuori tema e, pertanto, degne di miglior causa.
Eppure, il presidente Alleva nel suo messaggio al personale dell’ente statistico, che reca la data del 23 luglio 2014, aveva, tra l’altro, scritto: “Sarà mia cura assicurare il benessere del personale, apprezzandone le competenze e le aspettative di carriera, assicurando la qualità del luogo di lavoro, favorendo la conciliazione del lavoro con esigenze personali o famigliari”.
L’effetto dell’attenzione riservata fino a oggi dalla gestione Alleva alle problematiche del personale è stato, invece, quello di generare la mobilitazione di un migliaio di dipendenti, che da tempo hanno maturato i requisiti contrattuali per aspirare a una progressione di livello o economica, dopo anni di blocchi imposti dai governi di centro-destra o di centro-sinistra.
Negli ultimi due mesi le assemblee sono state numerose, con riflessi negativi sull’attività dell’ente che è stata indubbiamente rallentata.
Ma questo non è bastato ai vertici dell’ente per avviare una seria e responsabile riflessione sull’unica proposta in grado di risolvere la vertenza: quella avanzata da Usi-Ricerca, e non da altri, che dimostra, senza bisogno di interpretazioni più o meno cavillose da parte di improvvisati legulei, la illegittimità del taglio di 1,3 milioni di euro sull’ammontare del salario accessorio operato dall’amministrazione Istat, la quale si ostina a sostenere che l’ente nel periodo 2011-2014 ha subito una "riduzione di personale in servizio", affermazione clamorosamente smentita dai dati che, nel sacro tempio dei numeri, dovrebbero essere facilmente riscontrabili.
E’ del tutto pacifico che, se l’Istat ammettesse di aver scambiato lucciole per lanterne, l’arbitrario “taglio” rientrerebbe e la somma di cui innanzi (1,3 mln) sarebbe sufficiente a coprire la spesa per le richieste progressioni di livello ed economiche, senza ridurre le altre voci che rientrano nel salario accessorio.
Ma l’impressione che in molti hanno avuto fino a oggi è quella che in via Balbo c’è chi sembra prediligere la lotta continua alla logica giuridica e al buonsenso.