di Biancamaria Gentili
Se Ivan Duca, con il suo articolo dello scorso venerdì, non avesse dato notizia della decisione del Cnr di stipulare, d’accordo con quattro sindacati su cinque, una maxi polizza sanitaria, i lavoratori dell’ente, tra qualche mese, si sarebbero trovati di fronte al fatto compiuto.
Solo a posteriori avrebbero scoperto di non avere più diritto ad alcun rimborso diretto delle spese sanitarie sostenute, anche dai propri familiari a carico e, soprattutto, che i 2,5 milioni di euro destinati dalle disposizioni contrattuali a tali rimborsi erano finiti nelle casse di una qualche compagnia di assicurazioni.
La polizzamania, dunque, ha contagiato anche il Cnr, il più grosso ente pubblico di ricerca che, paradossalmente, ha deciso di “sfiduciare” la sanità pubblica, e di dare un sostanzioso incentivo a quella privata.
Una decisione contraddittoria ancorché molto grave, che la dice lunga sulle criticità gestionali di molti enti di ricerca, finanziati dalla collettività, che quantomeno per coerenza dovrebbero difendere tutto ciò che è pubblico, almeno in materia di ricerca, università e sanità, il loro cavallo di battaglia.
E che dire di certi sindacati che il sabato sfilano per difendere la sanità pubblica e il lunedì firmano negli enti accordi per dirottare, sotto forma di polizze sanitarie, risorse pubbliche verso la sanità privata?
A costoro vorremmo solo rammentare che un certo Barack Obama sta rischiando il posto per introdurre negli Usa l’assistenza sanitaria pubblica e per contrastare le potenti compagnie di assicurazioni che da sempre, a caro prezzo, garantiscono (solo in parte) assistenza sanitaria a chi può permettersi di pagare premi esorbitanti.
In Italia, chi vuol fare l’americano, lo faccia pure, ma a proprie spese. E non con le risorse pubbliche, che sono dei lavoratori.