Con ordinanza n. 27363, pubblicata il 26 settembre 2023, la Corte di cassazione – Sezione Lavoro – ha respinto il ricorso avverso la decisione n. 277/2020 con la quale la Corte di appello di Palermo aveva annullato la sentenza del Tribunale di Palermo n. 2723/2019, che aveva dichiarato illegittimo il licenziamento per giusta causa intimato dal datore di lavoro a un dipendente – per inciso – col ruolo di Capo del Personale, Responsabile della Prevenzione e Corruzione e Responsabile della Trasparenza dell’ente di appartenenza.
La vicenda trae origine dal comportamento tenuto dal Capo nei confronti di due sue dipendenti, ritenuto, sia dalla Corte territoriale che dalla Suprema Corte, oggettivamente offensivo, “da valutare per la volgarità dei gesti compiuti – anche il relazione al ruolo da costui rivestito – nella prospettiva del datore di lavoro che viene a conoscenza di simili ‘attenzioni’ verbali e fisiche verso le proprie dipendenti, nonché per la contrarietà alle basilari norme della civile convivenza e dell’educazione”.
Disattesi tutti i motivi addotti dal ricorrente, la Corte di cassazione, nel rigettare il ricorso, ha altresì condannato lo stesso ricorrente al pagamento a favore dell’ente controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, nonché al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
Rocco Tritto
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