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- di Sara Sesti
La riflessione economica si è affermata come disciplina autonoma sul finire del Settecento, quando viene pubblicata la Ricchezza delle nazioni di Adam Smith (1776).
Sfogliando l’enormità del bilancio di Bankitalia, che ormai ha attivi che sfiorano i 1.300 miliardi di euro, cumulati a forza di comprare titoli sui mercati secondari, risulta chiaro che alla lunga gli attivi della Banca centrale finiranno col somigliare, almeno per entità, ai passivi della Repubblica, in gagliarda crescita anch’essi.
Poiché viviamo tempi straordinari, nulla più dell’ordinario diventa meritevole di attenzione. Sicché risulta molto utile leggere un bollettino pubblicato di recente dalla Bis di Basilea che assevera col crisma dell’osservazione scientifica quello che a naso poteva già suggerirci il buon senso. Che, vale a dire, bloccare i dividendi per gli azionisti delle banche, pure se nuoce alle quotazioni di borsa, fa bene alla capitalizzazione degli istituti e quindi li rafforza nel momento in cui serve garantire ampie capacità di prestito.
Chi fosse interessato a capire come stia mutando la costituzione economica delle nostre società, dovrebbe dedicare qualche ora a leggere un bel paper di un’ottantina di pagine pubblicato di recente dal Fmi, che riepiloga un decennio (quasi) di tassi negativi imposti da alcune banche centrali che hanno inaugurato quella che senza tema di esagerazioni si può definire un’epoca.
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