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- di Maurizio Sgroi
Gli ultimi dati diffusi dalla Bis rivelano l’ennesima illusione che alimenta il nostro dibattito pubblico e le profezie di tanti sciamani della politica e dell’economia, che scambiano i loro desideri con la realtà.
Chi era già adulto alla fine del millennio ricorderà con un brivido l’ondata di panico che seguì all’euforia tecnologica generata dalla rivoluzione di Internet, quando sembrava che bastasse avere una qualunque idea hi tech per raccogliere capitali e le azioni di queste compagnie volavano alle stelle.
Poiché siamo in un’epoca di crescente interesse per la politica economica, intesa come la studiata e pianificata intenzione del governo di intervenire sull’economia indirizzandola verso gli obiettivi he ritiene opportuni, vale la pena dedicare un po’ di tempo a un paper pubblicato di recente dal NBER, che ha il pregio di quantificare i risultati ottenuti dagli Stati Uniti con la loro politica di “Buy american”, ossia stimolare le produzioni interne, a discapito delle importazioni, per difendere e creare i posti di lavoro americani, per il tramite di acquisti di beni, per lo più ad opera delle amministrazioni pubbliche, prodotti in America. In pratica, il sogno nazionalista che alberga in ognuno di noi, pagato con la capiente valuta americana.
Nel gran parlare che si consuma ragionando su come l’intelligenza artificiale (IA) cambierà le nostre vite, vale la pena leggere uno studio molto utile pubblicato nei giorni scorsi dalla Bis di Basilea che prova a misurare, con un caso reale, come l’utilizzo di un programma di intelligenza artificiale, pensato per sviluppare coding, ossia programmazione, abbia impattato sul lavoro di un team di programmatori costruito da lavoratori con minore e maggiore esperienza.
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