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- di Rocco Tritto
Un dipendente con mansioni direttive di una società privata, licenziato nel 2010 con l’accusa di furto di beni aziendali, ma assolto nel 2013 sia in sede penale che nel giudizio innanzi al Tribunale, aveva ottenuto - oltre alla reintegra nel posto di lavoro (avvenuta con oltre 3 anni di ritardo rispetto alla decisione dello stesso Tribunale stesso) - la condanna del datore di lavoro al risarcimento dei danni ex art. 18 st.lav. e quella relativa ai danni professionali (per perdita di chance e di lesione di immagine), con la esclusione però di qualsiasi altro danno di natura professionale per la totale inattività subita nel periodo precedente, vale a dire dalla data del licenziamento (2010) a quella della reintegra (2013). Rigettata, senza motivazione, anche la richiesta di condanna del datore di lavoro al risarcimento dei danni esistenziali e morali per licenziamento ingiurioso.

Con ordinanza n. 29101/2023, pubblicata il 19 ottobre 2023, la Corte di cassazione – Sezione Lavoro – ha accolto, con rinvio, il ricorso proposto da un lavoratore avverso la sentenza n.4720/2018 con la quale la Corte di appello di Roma, in parziale riforma della decisione di primo grado, ha accertato la dequalificazione commessa ai danni del ricorrente dalla sua diretta superiore, con condanna ex art. 2087 c.c. del datore di lavoro al pagamento di oltre 20mila euro, ma ha escluso il mobbing per mancata prova della reiterazione della condotta riferita ai singoli fatti mobbizzanti (demansionamento, totale stato di inattività ed emarginazione, trasferimento persecutorio, pressioni per accettare la mobilità).
Con sentenza n.40702/23, depositata il 5 ottobre 2023, la Corte di cassazione – VI Sezione penale – ha accolto il ricorso, presentato ai soli effetti civili dalla parte civile (una Spa, a prevalente capitale pubblico), avverso la sentenza, del 3 marzo 2022, della Corte d’appello di Firenze, che aveva confermato la sentenza del Tribunale di assoluzione dell’imputato dal reato ascrittogli ai sensi dell'art. 314, secondo comma, cod. pen. (peculato), per avere, nei primi mesi del 2013, quale responsabile dell'ufficio acquisti della medesima società, utilizzato sistematicamente, per circa quattro o cinque ore al giorno durante l'orario di servizio, la strumentazione informatica affidatagli, per svolgere ricerche, connettendosi a siti web per ricercare materiale utile per le sue pubblicazioni su tematiche storico militari, così omettendo di fatto di svolgere alcuna prestazione lavorativa, addossando all'ente di appartenenza le spese e i costi per effettuare tali ricerche in "internet", avendo egli memorizzato sulla sua postazione informatica 19 file su argomenti storico militari, 5.848 video e 1.329 file fotografici dal contenuto pornografico.
Con sentenza n. 2407 del 5 settembre 2023, il Tribunale di Lecce – Sezione 1^ – ha condannato il Ministero di Giustizia a risarcire il danno patrimoniale (oltre 647mila euro) e non patrimoniale (circa 294mila euro) patito dal coniuge superstite per la morte del lavoratore, non fumatore, per neoplasia polmonare dovuta all’esposizione al fumo passivo sul luogo di lavoro.
